lunedì 26 agosto 2013

venerdì 16 agosto 2013 Antologia criminale del mondo bancario. Un superispettore in retrospettiva

venerdì 16 agosto 2013

Antologia criminale del mondo bancario. Un superispettore in retrospettiva

venerdì 22 febbraio 2013

Mi aiuti lei prof. Umberto Eco, mi aiuti a capire il rapporto BI su MPS


Peccato che non ho confidenza alcuna con Umberto Eco, diversamente l’avrei pregato di spiegarmi la significatività di questo passo della nuova letteratura economica della Banca d’Italia:
«L’esigenza di recuperare margini reddituali ha indotto a perseguire strategie di carry sull’intero bilancio e  d’investimento a leva in titoli governativi italiani che hanno richiesto il reiterato dei limiti interni a determinato un’elevata esposizione  al rischio al tasso di interesse.»

E perché  saputo una cosa del genere la Tarantola deve andare in galera? Davvero è legittimato il Rizzo banchiere ad affermare che lui nulla aveva da dire: solo confermare la rappresentazione di fatti gravi che un ispettore BI aveva effettuato alla Tarantola?

Non conosco l’inglese, anzi lo odio: quindi ho preso un vecchio vocabolario e trovo due significati alla voce CARRY, il primo non mi dice nulla, il secondo mi diverte: “portata di cannone , di fucile, di palla da gioco, di un fiume di un battello  - posizione del ‘present  arm’.

Ma questi del MPS che si sono messi a sparare cannoni e fucili con la loro “politica di bilancio”. Vecchia faccenda quella della magistratura di Milano che nulla sapendo di bilancio pontificavano sul divieto di siffatta politica. Ed il buon ONIDA, reduce da una scuola che risaliva al buon Luca Pacioli, controbattevano che il bilancio “è una realtà pensata e nessuno può fornirne la formula matematica “come non si può dare " la formula chimica dell’acqua sporca che corre  sulla strada”.
Ai magistrati allora appariva mistificazione connivente. Alla Banca d’Italia vi fu una repentina conversione alle concezioni aliene anglosassoni del bilancio quotidianamente verità e alla sottomissione anche degli enti pubblici economici alle ferree leggi del mercato, all’aziendalismo privatistico.
Solo che dopo, anche per poter far fingere di “vigilare” “controllare” “prevenire” “punire” si inventò una evanescente “vigilanza prudenziale” di cui il buon dottore Vincenzo Cantarella (e crediamo anche il suo valente numero due) un per lucido espemio in questo rapportino tanto divulgato, tanto incriminante secondo l’attuale imperante vulgata.

Così si legge impunemente:
In un lettera pubblicata oggi dal «Giornale» Antonio Rizzo, ex manager Dresdner Bank - ora alla Bcc di Carate Brianza - e principale teste d'accusa nei confronti dei vertici Mps ascoltato ieri in Procura in merito alla banda del 5 per cento, ha cercato di ridimensionare il proprio ruolo nella vicenda: «ho denunciato il malaffare nel 2008 e il sistema per il quale lavoravo ha cercato in tutti i modi di farmela pagare», esordisce. Precisa anche che non è un martire perché per anni ha incassato lauti stipendi e bonus.

Nella sua lettera al quotidiano milanese Rizzo dice innanzitutto che ormai le leggi non riescono a disciplinare «in tempo reale» la materia dei prodotti finanziari, che si evolvono in modo veloce. Ma nonostante ciò boccia la proposta di Bersani della «commissione d'inchiesta sui derivati» bollando la vicenda Mps come «un chiaro caso di falso in bilancio, malversazione e probabilmente approvazione indebita ai danni degli azionisti grandi e piccoli».

Per arrivare a questo scarica barile:

«Non sono io il supertestimone ma la dottoressa Tarantola» - dice Rizzo -, l'ex vicedirettore generale della Banca d'Italia che nel novembre 2010 lesse la relazione dei propri ispettori su Mps non trovando nulla da eccepire. Di diverso avviso sembra essere la Procura di Trani, orientata all'archiviazione della posizione dell'attuale presidente Rai.

Rizzo attacca anche il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, per non avere saputo spiegare le responsabilità politiche e istituzionali sui buchi nei conti Mps. Riserva infine due siluri all'operazione Casaforte - approvata dalla Vigilanza - e secondo lui volutamente tenuta sotto traccia, e ai Monti bonds, operazione di «trasferimento di ingenti capitali dall'economia reale e dallo Stato alle banche con la complicità dei loro amici» e il più grande derivato stipulato a danno del contribuente italiano.

La dottoressa Tarantola si doveva impressionare per il fatto che in MPS vi era stato “un investimeto a leva in titoli governativi italiani”?.
Che doveva fare il MPS investire in titoli governativi francesi o meglio tedeschi (così la Merkel era contenta) o affidarsi a  quei marpioni dei banchieri olandesi di rito scozzese?

L’ho detto mille volte e lo ripeto: la Tarantola non mi è simpatica, piace troppo a Bertone, Berlusconi e Tremonti. Solo così dalle filiali (sia pure anche dalla sede di milano) è approdata a quel tritacarne che è la Banca d’Italia dell’Amministrazione Centrale romana. Ma aveva raggiunto un ruolo di massima  immedesimazione organica nel settore della Vigilanza.
Verrà dalla Bocconi, ma non ha vissuto il melodramma della trasformazione della vigilanza tradizionale (triplice profilo: saldezza patrimoniale, equilibrio negli indici di liquidità e buona capacità di  reddito) a quella c.d. “prudenziale” delizia dei tanti Basilea, pedina di lancio di tanti rampanti funzionari di Palazzo Koch.

Tutto sommato la Tarantola era ferma a quello che scrivevo a De Mattia:

Obnubilo ogni mia voglia chiosante dei tuoi intricanti passaggi d’alta analisi istituzionale di questo modernissimo groviglio del controllo sopranazionale del credito, imperante un rutilìo di saggezze svizzere, canonizzate a Basilea.

 Mi fermo solo su questo tuo affermare:

… Ciò … non significa cadere nell’eccesso opposto secondo una visione rigoristica e dimenticare che la Vigilanza e chi ne è a capo non sono meri arbitri – come un’errata impostazione di alcuni giudici penali vorrebbe – non sono insomma, solo organi di una magistratura economica, ma hanno anche una funzione propulsiva  per  la stabilità aziendale e sistemica, esercitano un compito anche di indirizzo, possono ricorrere alla moral suasion, attivano tutte le misure disponibili per la sana e prudente gestione del credito; rispondono agli obblighi fissati dall’art. 47 della Costituzione sulla difesa del risparmio.

In ogni caso, costatato il fallimento del soft touch occorrerebbe provvedere …

 Magistrale, scultoreo, esaustivo, indilazionabile.

Mi accorgo però di essere davvero obsoleto. Certi tuoi incisi ai miei tempi sarebbero stati eretici. E siccome tutto tu sarai ma non chierico vagante, quello che dici origina da ben consolidate riforme che ovviamente mi sono sfuggite.

Ti chiedo quindi alcune spiegazioni.

A)      essere arbitri legali per un governatore avrebbe un fondamento, solo che non bisognerebbe eccedere in visioni rigoristiche. Ho presente lo strillare di Carli alle prese con il banchiere di Dio, con il caso Bazan e ai miei tempi con magistratura meneghina piena di grevi giudici all’Urbisci e Viola, prima, Colombo, dopo, martellante il concetto che tentazioni volte a considerare in qualche misura un magistrato speciale il Governatore della Banca D’Italia, quello della vecchia legge bancaria, precedente la costituzione ma non rinnegata da questa, era follia giuridica: il governo dell’economia monetaria, creditizia e finanziaria provava disgusto dei lacci e laccioli del formalismo leguleio. Tanta, possibilmente sola, moral suasion e se qualcuno sgarrava, bastava chiudergli i cordoni della borsa, quella a presidio del credito di ultima istanza di cui aveva l’esclusiva il banchiere centrale, il famoso risconto tanto per intenderci e semplificare. Non è più così? Ricordo un accigliato Antonio Fazio dichiararsi prosecutore della linea Carli. Non fu capito, qualcuno derise ma era un imbecille.

B)      Pensare solo che ci possa essere “una magistratura economica” mi pare attentato alla Costituzione. Qualche norma l’ha fatto? Qualche accordo di Basilea si è surrogato al lungo percorso necessario qui in Italia per sovvertire la Costituzione? Esagero?

C)      Ecco che mi viene rifilata la storia dell’aziendalismo: la banca mera e semplice impresa privata, senza dover adeguarsi alle esigenze di giovare al “pubblico interesse”. Già nella riforma del Titolo quinto della Costituzione, anche noi di sinistra cademmo nell’abbaglio che sfoderare l’interesse nazionale era da fascisti. Sbagliammo. Correggiamoci.

D)     Impresa, bilancio, verità di bilancio: gridavo a De Sario & C. che abbandonare lo sciatto linguaggio italico era dissennati e che era minchioneria parlare anglosassone o dover pensare tedesco perché e dovere rinnegare la nostra gloriosa cultura ragionieristica in quanto robaccia obsoleta. Citavo Onida: esistono tante verità di bilancio quanti sono gli obiettivi che ci si prefigge; non si può dare la formula della verità di bilancio come non si può dare la formula chimica dell’acqua sporca che scorre per le strade. Soggiungevo, sempre forte dell’Onida, che la verità di bilancio è una verita PENSATA. Giammai la contabilità di per sé fa istantaneamente BILANCIO. A fine anno, per lo meno per un trimestre successivo hai bisogno di fare le scritture di assestamento per le valutazioni – verità pensate – che anche il codice civile ti impone. Basilea, per quanto ne so, se ne infischia: Bastano i ratios. Di cui tutti sono maestri a farne ghirigori da modelli microeconomici. E così, per me, hanno mandato in galera (o meglio quasi in galera), il più galantuomo dei governatori che abbia avuto la Banca d’Italia.

E)      Senza assunzione di rischio non si fa banca. I concetti di IMMOBILIZZI, INCAGLI, SOFFERENZE, Ammortamento di sofferenze in base misurazioni aritmetiche sono imbecillità. Potrei sollazzarmi e sollazzare con esempi da me vissuti in ispezioni di grande risalto che mi hanno voluto improvvidamente affidare i grandi del passato della Vigilanza di Via Nazionale 91. Non ho cultura anglosassone, disprezzo Basilea… ma mi si accordi un minimo di irripetibile esperienza.

Caro Angelo. Spero in una tua formidabile stroncatura – una di quelle di cui tu sei impareggiabile maestro: così potrò mettermi l’anima in pace, all’occaso, davvero, del mio esistere.

Calogero Taverna

Ecco perché finisco con  solidarizzare con la clericalissima Tarantola. Aggiungiamo che essendo l’unica donna ascesa al Direttorio, l’imperante maschilismo di via Nazionale è ben felice di fracassarla e il femminismo imperante non sa difenderla.

venerdì 1 marzo 2013

Soluzione MPS? Occorre ingegneria finanziaria alla Carli. [Nuova edizione riveduta e corretta]


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze  credono più al fascino delle arditezze speculative che  a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro,  a quella vaga e indefinibile cosiddetta “prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento  anche per esemplari condanne  - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145  vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una “una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background  di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale.  E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone  … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri  per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse  alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita.  Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi;  più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce  in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o “imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i  mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.

 Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.

Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora?  Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie  a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna

domenica 10 marzo 2013

Un direttore di una rivista specializzato non ha inteso pubblicare questo muo commento, dicendo ch non ci aveva capito un cazzo!


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze credono più al fascino delle arditezze speculative che a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro, a quella vaga e indefinibile cosiddetta“prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento anche per esemplari condanne - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145 vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una“una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale. E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita. Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi; più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o“imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.


Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.


Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora? Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna

 

lunedì 4 marzo 2013

difendo Tarantola e critico Rizzo - MPS - Le mie privatistiche controdeduzioni al rapporto Cantarella su MPS (in difesa della signora Tarantola).


Ricevuto il dottor Cantarella, la placida, materna, parruccata e pia dottoressa TARANTOLA non si sarà potuta grattar la testa per non guastarsi la recente sistemazione capelluta. Si sarà domandata: ma cosa è questo secondo pilastro? Qui la lingua è italica, ma il senso è oscuro, più di quanto avrebbe ammesso il competente filosofo greco circa il dovere dell’intellettuale di non essere di facile percettibilità.

Ancora non avevo pubblicato il magistrale trattato del dottor Grossi. Perché allora sì che la dottoressa Tarantola non avrebbe avuto ambasce di sorta.

Il secondo PILASTRO di basilisca confettura eccolo:

 1)            Primo pilastro:

richiesta di un capitale minimo  in funzione  del tipo di rischio.

2)            Secondo pilastro:

supervisione.

3)            Terzo pilastro:

Trasparenza informativa.

 

Ma perché doveva tanto affliggersi la signora Vice Direttrice Generale (prima e credo ultima donna che sia potuta accedere al Direttorio di palazzo Koch) con ‘ste faccende muratorie?

Perché questo aveva il Cantarella eccepito sul MPS:

«… tali politiche – associate a una dinamica commerciale che, nel primo semestre del 2010, ha generato fabbisogni in eccesso al budget – hanno impattato sulla situazione di liquidità, con effetti significativi sul livello delle attività disponibili e del funding gap. Solo negli ultimi mesi sono stati avviati interventi volti a correggere tali tendenze e a riallineare agli obiettivi l’evoluzione di impieghi e raccolta diretta.

I rischi finanziari di secondo pilastro così assunti non hanno trovato adeguata evidenza nel recente resoconto ICAAP (dove, ad es., sono state giudicate di grado basso le alee di tasso) e nelle stime dei fabbisogni di capitale interno)

 

Diciamo una cosa: dormo o son sveglio? Preliminarmente, per capirci un po’,  prendiamo il dizionario inglese. Budget è termine frusto e tutti crediamo di sapere cosa significhi; ma da sacco, fascio e bilancio dell’origine linguistica anglosassone e il significato eleusino di questa modernissima vigilanza econometrica ce ne corre. Solo che l’ispettore Cantarella mica tanto chiaro ci appare qui. Occorre conoscere la retrostante disciplina di settore. Io ad esempio, vecchia vecchissima scuola, non la conosco e non ho voglia alcuna di conoscerla. Ma son sicuro manco la Tarantola vi ha dimestichezza. Quando la incrociai nel 1980 in quel di Milano balbettava sì e no quegli schemi ispettivi alla cui conformazione ebbi ruoli non proprio secondari. Tutto al macero: ora o parli inglese e sei addentro al testo della francese sposata marocchina di cui parla il mio carissimo Lillo di Racalmuto pure in questo blog CONTRA OMNIA RACALMUTO o la dimensione e i trabocchetti di codesto budget non li afferri. Non credo che nell’ottobre del 2010 la Tarantola si fosse tanto profondamente convertita alla nuova mistica ispettiva di quasi terza generazione basilisca.  

Di cosa ciancia quindi il signor Rizzo quando fa scrivere ai giornali:

«Non sono io il supertestimone ma la dottoressa Tarantola» - dice Rizzo -, l'ex vicedirettore generale della Banca d'Italia che nel novembre 2010 lesse la relazione dei propri ispettori su Mps non trovando nulla da eccepire. Di diverso avviso sembra essere la Procura di Trani, orientata all'archiviazione della posizione dell'attuale presidente Rai.

Rizzo attacca anche il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, per non avere saputo spiegare le responsabilità politiche e istituzionali sui buchi nei conti Mps. Riserva infine due siluri all'operazione Casaforte - approvata dalla Vigilanza - e secondo lui volutamente tenuta sotto traccia, e ai Monti bonds, operazione di «trasferimento di ingenti capitali dall'economia reale e dallo Stato alle banche con la complicità dei loro amici» e il più grande derivato stipulato a danno del contribuente italiano.»

Una cosa è certa: la Tarantola, candida, può presentare queste sette paginette ai giudici e dir loro. Questo mi è stato riferito e di conseguenza ho agito. Il sig. Rizzo parla di cose che non sa ovviamente. E’ consapevole della mia assoluta estraneità ai fatti per pensare a delitti calunniosi?  Roba da ultrasofistici legulei.

Altro inghippo anglosassone: funding gap. GAP, il mio dizionario mi dice: breccia, apertura, fenditura. Credo che debba passare oltre. Allora forse: lacuna, divergenza. Dobbiamo forse andare oltre per interpretazioni derivate, analogiche, astratte. I miei studi danteschi del liceo classico di sicuro una mano di aiuto me la danno. Ma sia chiaro: la prima interpretazione è quella letteraria.

Accoppiamo e ci saranno molte più probabilità  per capire. Funding: forse dovrei derivarlo da to fund come dire “consolidare, investire in titoli di stato”. Mi sa che non ci azzecca proprio. Dal contesto forse (e sottolineo FORSE) l’ermeneutica ardua ed ondivaga ci porta a seguire il Cantarella, in uso pendulo,  giudizi sugli equilibri nelle occorrenze liquide di quel colosso che è il monte dei paschi di Siena. Avrei voglia di gridargli Ragazzino, ne ultra crepitam.

 

 

Ricevuta una siffatta dissolvente censura cosa restava da fare alla Tarantola? Dobbiamo rispondere?

 

No!, riprendiamo il filo del discorso non sul nominalismo – che pure era branca non spregevole dei corsi liceali di filosofia – ma sulla praxis, sulle cose. Il buon Cantarella, traghettato il periglioso pelago del sostegno dei titoli pubblici che crede di esorcizzare con denominazioni sfuggenti come “titoli gavernativi nazionali” e dimentico forse che la BI sempre banca di stato è e quindi un invito alle banche coassiali a non permettere il tracollo delle quotazioni del debito pubblico, scivola e di brutto in una smemoratezza istituzionale. Qualcuno - e costui di legami al suo istituto ce ne aveva tanti come tanti ne aveva con i suoi conterranei  -  non poteva essere immune da “pressioni” nel 2008 quando vigente l’art.   57 del nuovo TULB qualche operazione di imperio l’ebbe ad orchestrarla. E via nazionale 91 e il direttore generale e tutta la vigilanza amministrativa non potevano non avere fatto bordone. Dirottare all’estero 9 miliardi di euro non era una bazzecola. I contraccolpi su tutti i funding gap e su ogni budget di questo mondo sono onde che non si esauriscono nel poetico spazio di un mattino. Chi fa kamasutra senza mai aver visto quella cosa può andare a raccontare e censurare tutte le scemenze di questo mondo, ma chi da vice direttore generale con delega alla vigilanza dopo la dipartita del compianto onnisciente Desario (il difensore in parlamento dei derivati, anche sottoscritti dagli enti pubblici territoriali anche quelli appioppati  dall’euforia tremontiana persino al periferico Grotte della periferica Sicilia) sa bene le cose, cosa le resta da fare? Fare applicare una sanzione amministrativa, un pizzicotto cioè o tre pater ave e gloria per il confessato peccatuzzo a nome atto impuro da parte di un giovinottello. Ed infatti supponiamo che una sanzione è scattata a seguito di questa mirabolante colpa: “ omessa adeguata evidenza nell’ICAAP”. La Tarantola dovrà andare dal giudice e dire che Lei il suo dovere l’ha fatto; ha imposto (si fa per dire) ai competenti uffici amministrativi  dell’ex feudo di Pietrafesa, le “sanzioni amministrative”. Secondo Rizzo e dintorni cosa doveva fare di più per sciocchezzuole del genere? Doveva chiamare i carabinieri? Non la mandavano in manicomio (oltre a rimetterci pure il posto per incapacità di intendere e di volere?

Calogero Taverna

[segue]

martedì 7 maggio 2013

Nessuna pietà per i comunisti de MPS

Se tutte le risutanze ispettive del MPS si riducono solo a questi inglesicizzanti dieci rilievi, se solo su questi rilievi poggiano ben 5.000.000.000,00 di Euro (diconsi cinquemiliardi) per















sanzioni a carico degli ex amministratori - notoriamente comunisti - del MPS, allora affermo che si tratta di illegittime sanzioni politiche. E dico che è Visco che perseguita i comunisti, (e mi dispiace).

Quale norma della vecchia Legge Bancaria (art. 48) e quale eventualmete nuovo articolo (il 56, il 57,  il 58?) del nuovo sedicente T.U.L.B. è stata infranta? Si vogliono scaricare su ignari, ingenui ed anche incolti funzionari di partito o di cooperative rosso pci, rosso craxi o verde edera responsabilità che non sono loro? e se vi sono (ma posso documentare che non ve ne sono ed io la legge bancaria l'ho vissuta per quarant'anni) allora sarebbero responsabilità di chi o doveva dare il "nulla osta", previo approfondito esame o di chi deve dare pur sempre quella basilisca"autorizzazione" che sappiamo ora essere concedibile nello spirito basilisco secondo cui si arraffi e si gradagni mercantilisticamente più che si può basta che si sia nell'alveo della sana e prudente gestione. Non sono né magistrato né avvocato e neppure pubblico ufficiale per rintracciare eventualmente elementi di condotta antidoverosa anche in chi è al vertice della politica monetaria (per quel che resta) finanziaria (e c'è) e soprattutto bancaria (e quella c'è ancora tutta). Ma i magistrati che ci stanno a fare?



Tanti euri per qualche "strategia di carry" (sub 1)? per avere invitato ad "estendere" ... "anche all'estero .. controlli ovvero veicoli" di italici controlli (sub 2)?, perchè l'azione di certi" comitati interni si rivela sovente incerta" (sub 3)? perché restano "insufficienti" [a giudizio di chi?] taluni meccanismi di raccordo (sub 4) ?; perchè i vari"risktaking center" (mi piacerebbe vedere un giudice che capisca a prima lettura di che cosa si tratta) sarebbero "poco efficaci" (sub 5)?; ma vi sarebbero"commistioni tra attività operative e riscontri" (e con ciò?) (sub 6); perché si ha voglia di suggerire di "rafforczare il controllo del Group Balance Sheet Management" [quindi c'è!!] (sub 7); ma vi sono"disallineamenti" in relazione ad un incomprensibile "impegnativo progetto Cometa" [se la sente un qualsiasi TAR di avvolorare una sanzione miliardaria "SIC!" per una simile inezia? (sub 8); secondo il giudizio di un estraneo sarebbe carente "l'orientamento del gruppo", classico processo all'intenzione (sub 9); eppure devono pagare gli amministratori per "investimenti non compiutamente a loro riferibili" (pare che la BI abbia inventato la responsabilità oggettiva per il MPS, credo "in odium comunistorum". (sub 10.)

mercoledì 17 aprile 2013

Domande inquietanti


Recita l‘art. 10 della vecchia legge bancaria (non so dove l’hanno traslato nel nuovo T.U., per me incostituzionale): «Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le Aziende di credito sottoposte al controllo della Banca d’Italia sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni».

Fuori di dubbio che in questa mannaia ostativa vi ricade anche l’amministrazione della giustizia.

Qualche sfilacciatura? Sì, ma con tutti i distinguo e le riserve e le cautele  di cui è piena la pubblicistica di settore.

Come mai allora oggi “i magistrati della procura di Siena e i militari della Guardia di Finanza” entrano e vi dimorano a lungo “nella sede della Banca d’Italia”? La consulenza legale  si è convertita al cristianesimo? I grintosissimi Barbagallo dinanzi al giallo della Caina tremano e si eclissano? Non c’è più segreto d’ufficio? E’ cambiata tutta una arcigna filosofia? Ha già svelato tutto Cantarella? Il nuovo governatore ha riletto e si è inchinato  a chi pensa che il vecchio art. 12 della Legge Bancaria non abbia più senso?

Per una nota di ripicca personale: hanno letto quanto qui scritto in passato in proposito da me? hanno espresso un giudizio negative et amplius? Oppure manco – come è certo – mi hanno degnato di uno sguardo?

Mi vien fatto di pensare, come direbbe il mio amico Virgilio: ssò regassi!  Ma si può consegnare la massima istituzione economica dello stato italiano a dei “regassi”, magari perché così gradisce il CONSIGLIO SUPERIORE DELLA BANCA D’ITALIA? Che è? Gli addetti ai lavori lo sanno, ma non si fa sapere al contadino quanto è buono il formaggio con le pere!

  

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