mercoledì 2 ottobre 2013

Geronziade


Il CONFITEOR di un banchiere incallito

Qual è il confiteor di un grande banchiere incallito, ormai però giunto all’occaso se non della vita - Cesare Geronzi a 77 anni avrà ancora decine e decine di anni per imperversare - certo degli affari?
E’ lui stesso a sentirsi peccatore. E le sue confessioni dovrebbero dissimulare quelle di Sant’Agostino o filosofeggiare come un moderno Rousseau.
Diciamo che noi ci attendiamo questo suo esplosivo libro da sei o sette mesi. Ora è uscito e ci troviamo a dovere centellinare ben 362 pagine di feltrinelliane confessioni, estorte a dire il vero da un non troppo benevolo Mucchetti.
E noi che per vecchia professione siamo portati a diffidare di tutti e di tutto, pensiamo che un danno enorme quel sapido testo l’ha già provocato. Uscito a ridosso di una importante seduta della Cassazione crediamo che abbia dato aire a giudici sgomenti dinanzi a tante protervie giuridiche per una “esemplare” condanna del pio Fazio, un tempo governatore a palazzo Koch. Non si poteva aspettare un paio di giorni? Perché tanta incontinenza?
Fuge rumores sospirava Baffi. Ma un pensiero pascaliano ebbe a soffiare nel cuore e nella mente del banchiere Geronzi: Sempre in balia dell'incertezza, spinto da un estremo all'altro, l'uomo sente la sua nullità, la sua disperazione, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua debolezza e salgono immediatamente dal profondo del suo cuore la noia, la melanconia, la tristezza, il cattivo umore, l'irritazione, la disperazione. (B. Pascal)
E volendo parodiare anche Rousseau soggiungiamo noi: Pur muovendo da impulsi disparati e con ragioni e scopi differenti, la maggior parte degli interpreti o seguaci di Rousseau hanno individuato nell’interesse per la politica la nota saliente della sua personalità: è lui [cioè Rousseau] stesso ad ammettere nelle sue Confessions che «tutto dipende radicalmente dalla politica» 11, in quanto un’organizzazione politica equa risolve il problema della teodicea, ridando così moralità alle azioni umane.
Bombardati dai giornali con i loro effetti annunci, ci siamo subito domandati a che tende il dottor Cesare Geronzi? Quale il suo obiettivo? Mughetti, pur nordico, è criptico: dopo si vedrà se vi sarà assonanza con il suo obiettivo: Non vi sarà mai, perché un giornalista è sempre colui che spiega bene agli altri quello che lui non sa, non comprende e spesso non vuol capire. Già, far luce su “trent’anni di potere, banche ed affari”. Ma è lui stesso a dirci che quella sua specifica (o speciosa) luce l’ha già irradiata con tre decenni di lavoro di giornalista.
Noi ci domandiamo: siffatti opposti obiettivi (Geronzi tenterà solo di assolversi o di condannare) stridono con le modeste nostre indagini? Le abbiamo fatte per incarico pubblico, le abbiamo sofferte per dissidenze etiche e politiche, le abbiamo propinate con la dissacrazione icastica che ci riviene dal piccolo borgo del sale e dello zolfo in cui siamo nati.
Sin d’ora noi lo sappiamo: giammai!
Abbiamo sbirciato il grosso volume. Ci colpisce innanzi tutto l’assenza di nomi eccellenti, di protagonisti sotto traccia, di citazioni giudiziarie, di risultanze ispettive, di provvedimenti amministrativi, di sentenze esemplari, di esiti giudiziari.
Qualche esempio: non troviamo Lucio Veneziani, non troviamo il dottor Somma, non troviamo esuli dalla consulenza legale della Banca d’Italia. La vicenda Sarcinelli viene sfiorata secondo le più consunte vulgatae. La storia del Banco di Sicilia, dell’Irfis, dell’Interfinanza sindoniana, tutto nelle brume di chi forse a ragione può dire: non ricordo, perché in effetti non protagonista. Il dottor Desario (scritto senza d minuscolo e senza aristocratica separazione) citato una sola vola. Dini non riusciamo a pescarlo neppure con la più dilatante lente di ingrandimento. E Gnudi? La Moscow Narodny London pare vi sia, ma sepolta chissà dove. Pare solo in una domanda dell’intervistatore.
In compenso, dilatate vicende forse più personali che emblematiche.
Divagazioni su pontefici, cardinali e in un punto su un papa in pectore, lasciano in ombra personalità quali il ministro Colombo.
Avrò di che pensare; avrò di che cercare di spiegarmi.
Quello che mi accora di più è che con questi rumores Fazio forse è definitivamente perduto alla cosa pubblica (ed è una grossa iattura). Geronzi che bene starebbe come ministro dell’economia subirà l’onta dileggiante che mi pare Repubblica anticipa. I reietti resteranno reietti ma i “correi” dell’odierno sbaraglio mediatico non avranno giustizia. Solo ulteriore motivo di gogna.
Calogero Taverna


11 Confessions, IX, in Opere, p. 977.

mercoledì 15 maggio 2013

MPS BS BI CRVE INTERFINANZA DI MACALUSO-SINDONA E NTURALMENTE IO


A Racalmuto l'agguerrito ex sindaco si strappa le vesti per una vicenda (non centrale) del MPS. Quell'ex sindaco che poi è mio amicisimo ovviamente non mi legge. E fa bene. Non certo perché io scrivo "desueto" a dire di un meneghino targato nissa-racalmutese, Totò l'italiano lo insegna e me lo insegna. Certo quello che ora vi ripropongo è arte bancaria sopraffina, di difficilisima percezione, figuriamoci comprensione. Come faccio a dire a Totò che se il MPS è come è lo deve per avere ubbidito ai sotterranei impulsi della Banca Centrale Italiana on sede sociale in via Nazionale 91! E tra questi "impulsi" a quello che era il suo "banchiere occulto" il dottor Geronzi, vi rientra pure il salvataggio del dissennato Banco di Sicilia, spappolatosi - banco di emissione e di Stato sin dai tempi della celebre nostra virago Don Aldonza del Carretto - per avere dovuto salvare la politicamente disastrata Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. E scendi scendi arriviamo alla Interfinanza di Racalmuto del patetico e pingue Joe Macaluso, portaborsa di don Michele Sindona.
Come è piccolo il mondo direte: dalla senesità del Monte Paschi, targato pci-psi-pri alle piacevolezze (finanziarie) di tre realtà banco-finanziarie di Sicilia volte a polverizzare i fondi di solidarietà nazionale pilotati e dirottati da sommi statisti siciliani, ad uno dei quai hanno intestato persino una grande piazza qui a Roma vicino casa mia.
Purtroppo le cose della finanza non sono facilmente deglutibili: le volgarizzazioni alla Dagospia, Travaglio, Grillo, Rizzo, Stella delizieranno una ventina di milioni di elettori ma non scalfiscono neppure a scorza di un mondo i cui due canoni principali sono ferreo segreto bancario anche ex art. 10 L.B. e fuge rumores.

Un giornalista è riuscito ad approfittare di un momento di debolezza confessoria di Geronzi e qualche agghiacciante verità è trapelata. Si chiama MUCCHETTI; ora il PD l'ha acquartierato in Parlamento. Il silenzio è d'obbligo. Sarebbe comico ma tanto bello che lui traducesse alcune criptiche ma orriplanti pagine del suo Confiteor estorto (giornalisticamente parlando s'intende) al banchiere Geronzi per tramutarle in tambureggianti interrogazioni parlamentari. Ma se non lui, perché non altri?
Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO

di Calogero Taverna


Il grande banchiere Geronzi (o meglio mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per risanare la BNA la Banca di Roma vende Interbanca "e lascia il ricavato alla controllata", che il bischero che compra è il defunto Pontello (quello che viene dalla Banca Privata Finanziaria) "padre-padrone -- molto rispettato non solo nelle Tre Venezie" (chi ha da tremare, tremi). Pontello non si ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di lire". Il banchiere realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni”. Il povero mortale, quello che voi dite che non riesce a sbarcare il lunario, si fa il segno della croce (ammesso che abbia voglia di leggere queste cose di altissima finanza: ma quel Pontello lì i soldi li stampava? Ma quel banchiere come faceva a fare tutti quei marchingegni che manco Tanu Bamminu ci riusciva con le carte?

La Banca di Roma chiude in utile per 909 miliardi di lire. Certo si dirà con tutto quel ben di Dio! E no! Oltre 840 miliardi di lire discendono da una provvida legge modificativa di un principio contabile per cui le imposte di oggi si possono imputare domani. Il banchiere si stizzisce: “non dica effetto positivo: la legge consente il differimento, gli amministratori la devono applicare”. Non mi pare che possano chiudersi in attivo bilanci ope legis. Il rischio è sempre dell’imprenditore che può rinviare alle calende greche oneri abnormi solo se il quadro generale dell’impresa lo permette. Ma bazzecole. Sì c’è Basilea, BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che vorrebbero addirittura –almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò si sa è come non commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e normali. Roba da preti insomma. Qui a Roma, una perdita –secondo rigidi revisori pagati come società di certificazione dei bilanci –sono costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si ovatta una perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con una ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire”atta ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della Mediterranea.

Perché siffatto bailamme? Chiaro: per consentire lo SBARCO IN SICILIA (vedi pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiami ad ottant’anni il pedante ed ozioso compito di far sintesi giornalistiche).

Sono sornione: lo ammetto. Ma qui ho voglia di chiedere spiegazioni all’illustre facoltà di economia dell’Università del tempo perso di Racalmuto. Perché mai quel putiferio? C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto una INTERFINANZA ove allocchi depositarono centinaia di milioni di loro risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma sia anche per infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica. Già, dopo finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatisi America e Russia magari per il provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed io di sinistra l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato nati Grotte); squagliatasi l’iniziativa edilizia “amaricana”del pingue Joe racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi (e non solo) corsero davvero il rischio di perdere soldi e i loro figli i posti che credevano bancari ma tali non erano. Sovvenne il Banco di Sicilia, La Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e“salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi, appunto). Sovvenne Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti soldi (in tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani che quei “derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche quelli che non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene pilotare ‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma di grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.

mercoledì 18 settembre 2013

Vox clamantis in deserto.Mi ripeto. Forse qualcuno lo troverò che ha orecchie per intendere

mercoledì 15 maggio 2013

MPS BS BI CRVE INTERFINANZA DI MACALUSO-SINDONA E NTURALMENTE IO


A Racalmuto l'agguerrito ex sindaco si strappa le vesti per una vicenda (non centrale) del MPS. Quell'ex sindaco che poi è mio amicisimo ovviamente non mi legge. E fa bene. Non certo perché io scrivo "desueto" a dire di un meneghino targato nissa-racalmutese, Totò l'italiano lo insegna e me lo insegna. Certo quello che ora vi ripropongo è arte bancaria sopraffina, di difficilisima percezione, figuriamoci comprensione. Come faccio a dire a Totò che se il MPS è come è lo deve per avere ubbidito ai sotterranei impulsi della Banca Centrale Italiana on sede sociale in via Nazionale 91! E tra questi "impulsi" a quello che era il suo "banchiere occulto" il dottor Geronzi, vi rientra pure il salvataggio del dissennato Banco di Sicilia, spappolatosi - banco di emissione e di Stato sin dai tempi della celebre nostra virago Don Aldonza del Carretto - per avere dovuto salvare la politicamente disastrata Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. E scendi scendi arriviamo alla Interfinanza di Racalmuto del patetico e pingue Joe Macaluso, portaborsa di don Michele Sindona.
Come è piccolo il mondo direte: dalla senesità del Monte Paschi, targato pci-psi-pri alle piacevolezze (finanziarie) di tre realtà banco-finanziarie di Sicilia volte a polverizzare i fondi di solidarietà nazionale pilotati e dirottati da sommi statisti siciliani, ad uno dei quai hanno intestato persino una grande piazza qui a Roma vicino casa mia.
Purtroppo le cose della finanza non sono facilmente deglutibili: le volgarizzazioni alla Dagospia, Travaglio, Grillo, Rizzo, Stella delizieranno una ventina di milioni di elettori ma non scalfiscono neppure a scorza di un mondo i cui due canoni principali sono ferreo segreto bancario anche ex art. 10 L.B. e fuge rumores.

Un giornalista è riuscito ad approfittare di un momento di debolezza confessoria di Geronzi e qualche agghiacciante verità è trapelata. Si chiama MUCCHETTI; ora il PD l'ha acquartierato in Parlamento. Il silenzio è d'obbligo. Sarebbe comico ma tanto bello che lui traducesse alcune criptiche ma orriplanti pagine del suo Confiteor estorto (giornalisticamente parlando s'intende) al banchiere Geronzi per tramutarle in tambureggianti interrogazioni parlamentari. Ma se non lui, perché non altri?
Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO

di Calogero Taverna


Il grande banchiere Geronzi (o meglio mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per risanare la BNA la Banca di Roma vende Interbanca "e lascia il ricavato alla controllata", che il bischero che compra è il defunto Pontello (quello che viene dalla Banca Privata Finanziaria) "padre-padrone -- molto rispettato non solo nelle Tre Venezie" (chi ha da tremare, tremi). Pontello non si ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di lire". Il banchiere realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni”. Il povero mortale, quello che voi dite che non riesce a sbarcare il lunario, si fa il segno della croce (ammesso che abbia voglia di leggere queste cose di altissima finanza: ma quel Pontello lì i soldi li stampava? Ma quel banchiere come faceva a fare tutti quei marchingegni che manco Tanu Bamminu ci riusciva con le carte?

La Banca di Roma chiude in utile per 909 miliardi di lire. Certo si dirà con tutto quel ben di Dio! E no! Oltre 840 miliardi di lire discendono da una provvida legge modificativa di un principio contabile per cui le imposte di oggi si possono imputare domani. Il banchiere si stizzisce: “non dica effetto positivo: la legge consente il differimento, gli amministratori la devono applicare”. Non mi pare che possano chiudersi in attivo bilanci ope legis. Il rischio è sempre dell’imprenditore che può rinviare alle calende greche oneri abnormi solo se il quadro generale dell’impresa lo permette. Ma bazzecole. Sì c’è Basilea, BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che vorrebbero addirittura –almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò si sa è come non commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e normali. Roba da preti insomma. Qui a Roma, una perdita –secondo rigidi revisori pagati come società di certificazione dei bilanci –sono costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si ovatta una perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con una ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire”atta ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della Mediterranea.

Perché siffatto bailamme? Chiaro: per consentire lo SBARCO IN SICILIA (vedi pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiami ad ottant’anni il pedante ed ozioso compito di far sintesi giornalistiche).

Sono sornione: lo ammetto. Ma qui ho voglia di chiedere spiegazioni all’illustre facoltà di economia dell’Università del tempo perso di Racalmuto. Perché mai quel putiferio? C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto una INTERFINANZA ove allocchi depositarono centinaia di milioni di loro risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma sia anche per infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica. Già, dopo finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatisi America e Russia magari per il provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed io di sinistra l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato nati Grotte); squagliatasi l’iniziativa edilizia “amaricana”del pingue Joe racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi (e non solo) corsero davvero il rischio di perdere soldi e i loro figli i posti che credevano bancari ma tali non erano. Sovvenne il Banco di Sicilia, La Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e“salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi, appunto). Sovvenne Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti soldi (in tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani che quei “derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche quelli che non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene pilotare ‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma di grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.

lunedì 13 maggio 2013

PICCOLA MISCELLANEA BJ


Se dovessi leggere questo post e lo dovessi trovare di un qualche interesse, ti prego: passa parola. Il testo si trova nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO

 

 

giovedì 6 dicembre 2012


Ecco quel che scrivevo 4 mesi fa su ARTICOLO 21. Tutto valido ancora? Purtroppo, no! A Fazio è stata inflitta una condanna dalla Cassazione che lo relega ad una malinconica solitudine, peggiore del carcere. Ormai per un decennio almeno non può sperare in un ritorno agli incarichi pubblici d'alto profilo. A mio avviso, difesa e consiglieri hanno troppo presunto, troppo sbagliato. Certo i fatti di fondo sono macigni smuovibili solo con difese a rettifica di inusitata intelligenza. Non forze fresche perché cultura e cultura giuridica non si hanno con slogan tipo "largo ai giovani" e in questo campo ad essere rottamati sono i giovani arroganti e loquaci. Quanto agli altri profili, ci sarebbe molto da dire. Per ora basta un mio solito REMEO.

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Irvap e Covip ed Angelo De Mattia

di Calogero Taverna

Lo confesso: a leggere la nota su MF del mio amico Angelo De Mattia su IRVAP e COVIP mi è venuto il capogiro. Pubblicata il 3 agosto, la recupero solo stamattina e un ribollire di cattivi pensieri si addensa nell’ultra mia canuta testa. Sono vecchio, lo so e sono desueto per lo meno da trent’anni, dopo certi miei Vaffa’ a Ciampi e Sarcinelli, a Somma e per converso a Pomicino ed anche a Cesare Geronzi se ci metto in mezzo la poco gloriosa Banca Mediterranea di irpinia memoria. Dovrei aggiungerci l’ingloriosa AIMA (sic!) di Via Palestro, 60.


Da trent’anni e più mi curo solo di microstoria racalmutese, magari per fare le bucce al defunto Leonardo Sciascia. Sono diventato un modestissimo, incolto, ignoto cittadinuzzo di questa gloriosa Repubblica a nome Italia. Se scrivo certe erratiche “lettere al direttore” né Belpietro né Ferrara mi degnano di un sia pure distrattissimo sguardo: eppure quando rifilavo veline e fotocopie – di per sé incomprensibili – nel settembre-novembre 1979 a Lotta Continua, cribbio se avevano successo persino in parlamento. Con quella foto del corrucciato La Malfa junior. E quando poi Feltrinelli incautamente mise in libreria Soldi Truccati – a firma Lombard, certo; ma al 70% tutto mio -, cribbio se ebbe successo quel volumaccio: in tre giorni esaurito. Dopo se ne persero le tracce e sarebbe piacevole sapere perché dopo quel primo gennaio 1980 la signora Feltrinelli censurò la pubblicazione, e dire che di soldi per finanziare Lotta Continua ne aveva dovuti sborsare tanti pur di editare lo sconcio pamphlet.

Sì, tutto questo è vero. E se mi mancano intelligenza e conoscenza per afferrare del tutto il senso recondito della stroncatura demattiana di questo malaccorto governo, la colpa è tutta mia. Ma come modestissimo cittadino di questa ancora repubblica democratica, ho diritto di capire persino cosa davvero significano Covip e Irvap e perché mai governo camera e senato giochino a farsi i dispetti e a quanto pare persino tra gli stessi membri del governo. A prima battuta, a me sembra che gira e rigira si tratti sempre del solito Tremonti che nella sua megamania dissolvente della Banca d’Italia del cattolicissimo governatore Antonio Fazio, volle far proliferare vacue superfetazioni istituzionali per sgraffignare tutto sotto l’egida del “suo” TESORO. Se ora Angelo De Mattia tira fuori i suoi esiziali aculei (istituzionali) e mette in imbarazzo Monti e Saccomanni tanto da spingerli ad incazzate quanto ingenue smentite, beh! gatta ci cova.

Lo dico da giorni: state attenti a quello lì. E’ giunta l’ora della sua (giustissima) vendetta. Ma a Berlusconi interessa tanto difendere l’operato del suo delfino (pro tempore)? A riparazione perché non impone una grande commissione di ex grand commis alla Antonio Fazio, all’Angelo De Mattia, a Mario Sarcinelli, a Cesare Geronzi (sì, proprio lui, perché dite quel che volete, fu abile falso speculatore agli ordini della Banca d’Italia nell' ingrato compito di fare vera ed efficace controspeculazione), a qualche silurato vice direttore generale, fatto anzitempo trasmigrare ai LINCEI, per citare solo quelli che conosco io, commissione atta a suggerire al parlamento una legge risanatrice di tutte le devastazioni, amputazioni, umiliazioni che Tremonti & C. hanno inferto alla più grande, prestigiosa, legalitaria tecnostruttura pubblica di cui può vantarsi l’Italia?

Tutta questa paccoltiglia di enti, entucoli, pubblici e semi pubblici, e ci metto anche consob e agenzie varie di controllo finanziario e creditizio, a che serve se non ad avere acconsentito a qualche bleso guru del passato regime di annidarvi propri famigli, che senza tecnostrutture consolidate in esperienze ormai più che secolari stanno solo lì per certe parate televisive, ove sbadigli e sonnecchianti pose si sprecano, a disdoro di tutti, e dovendo controllare ciò che ignorano, nulla controllano. E i danni nei fondi assicurativi, nelle ruberie previdenziali ed assicurative, negli arcani giochi di borsa (giochi speculativi sovranazionali che restano ovviamente incontrastati), nelle ciarlate a tutela della privacy, nei maneggi dei giochi di stato in uno con lotto, lotterie, cartoline ruba soldi e via discorrendo, e i danni – dicevamo – sono agli occhi di tutti.

E così potrei sperare che ritorni vivida e cogente la vecchia legge bancaria a tutela del risparmio, a sostegno dell’esercizio del credito, a moderazione di costosissimi sportelli bancari – pullulanti dappertutto, per procurarsi il favore di questo o quel piccolo satrapo -, che martelli il connotato di “pubblico interesse” in ogni aspetto dell’operare bancario italiano che deve esplicarsi in una insuperabile distinzione tra la vicenda creditizia a breve e quella a lungo, che deve sottostare ad un controllo “atipico” – né qualitativo né quantitativo, a disdoro della pasticcera di Milano – il cui apice tecnico è il Governatore ma il referente è un organo interministeriale di cui peraltro fa parte lo stesso governatore, cui intatta deve restare la sua funzione valutativa anche dei fatti aventi rilevanza penale (ex. Art. 10). E qui non smetterei, ma il resto ad altra occasione. Bando comunque a tanta ciarlataneria che sorge in quell’ottobre del 1974 quando il terrore corse sul filo ed investì soprattutto il direttorio di via nazionale 91, a seguito della furente contesa Carli-Occhiuto per la sconvolgente vicenda Sindona (di cui credo di saperne qualcosa di più degli altri, come si evince dal mio romanzetto LA DONNA DEL MOSSAD, apologo sul caso Sindona, che giustamente ha rarissimi lettori).
7 agosto 2012

sabato 11 maggio 2013

A proposito di Assicurazioni

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Economia

Irvap e Covip ed Angelo De Mattia

mariomonti1Lo confesso: a leggere la nota su MF del mio amico Angelo De Mattia su IRVAP e COVIP mi è venuto il capogiro. Pubblicata il 3 agosto, la recupero solo stamattina e un ribollire di cattivi pensieri si addensa nell’ultra mia canuta testa. Sono vecchio, lo so e sono desueto per lo meno da trent’anni, dopo certi miei Vaffa’ a Ciampi e Sarcinelli, a Somma e per converso a Pomicino ed anche a Cesare Geronzi se ci metto in mezzo la poco gloriosa Banca Mediterranea di irpinia memoria. Dovrei aggiungerci l’ingloriosa AIMA (sic!) di Via Palestro, 60.
Da trent’anni e più mi curo solo di microstoria racalmutese, magari per fare le bucce al defunto Leonardo Sciascia. Sono diventato un modestissimo, incolto, ignoto cittadinuzzo di questa gloriosa Repubblica a nome Italia. Se scrivo certe erratiche “lettere al direttore” né Belpietro né Ferrara mi degnano di un sia pure distrattissimo sguardo: eppure quando rifilavo veline e fotocopie – di per sé incomprensibili – nel settembre-novembre 1979 a Lotta Continua, cribbio se avevano successo persino in parlamento. Con quella foto del corrucciato La Malfa junior. E quando poi Feltrinelli incautamente mise in libreria Soldi Truccati – a firma Lombard, certo; ma al 70% tutto mio -, cribbio se ebbe successo quel volumaccio: in tre giorni esaurito. Dopo se ne persero le tracce e sarebbe piacevole sapere perché dopo quel primo gennaio 1980 la signora Feltrinelli censurò la pubblicazione, e dire che di soldi per finanziare Lotta Continua ne aveva dovuti sborsare tanti pur di editare lo sconcio pamphlet.
Sì, tutto questo è vero. E se mi mancano intelligenza e conoscenza per afferrare del tutto il senso recondito della stroncatura demattiana di questo malaccorto governo, la colpa è tutta mia. Ma come modestissimo cittadino di questa ancora repubblica democratica, ho diritto di capire persino cosa davvero significano Covip e Ivarp e perché mai governo camera e senato giochino a farsi i dispetti e quanto pare persino tra gli stessi membri del governo. A prima battuta, a me sembra che gira e rigira si tratti sempre del solito Tremonti che nella sua megamania dissolvente della Banca d’Italia del cattolicissimo governatore Antonio Fazio, volle far proliferare vacue superfetazioni istituzionali per sgraffignare tutto sotto l’egida del “suo” TESORO. Se ora Angelo De Mattia tira fuori i suoi esiziali aculei (istituzionali) e mette in imbarazzo Monti e Saccomanni tanto da spingerli ad incazzate quanto ingenue smentite, beh! gatta ci cova.
Lo dico da giorni: state attenti a quello lì. E’ giunta l’ora della sua (giustissima) vendetta. Ma a Berlusconi interessa tanto difendere l’operato del suo bleso delfino (pro tempore)? A riparazione perché non impone una grande commissione di ex grand commis alla Antonio Fazio, all’Angelo De Mattia, a Mario Sarcinelli, a Cesare Geronzi (sì, proprio lui, perché dite quel che volete, fu abile falso speculatore agli ordine della banca d’italia nel ingrato compito di fare vera ed efficace controspeculazione), a qualche silurato vice direttore generale, fatto anzitempo trasmigrare ai LINCEI, per citare solo quelli che conosco io, commissione atta a suggergire al parlamento una legge risanatrice di tutte le devastazioni, amputazioni, umiliazioni che Tremonti & C. hanno inferto alla più grande, prestigiosa, legalitaria tecnostruttura pubblica di cui può vantarsi l’Italia?
Tutta questa paccoltiglia di enti, entucoli, pubblici e semi pubblici, e ci metto anche consob e agenzie varie di controllo finanziario e creditizio, a che serve se non ad avere acconsentito a qualche bleso guru del passato regime di annidarvi propri famigli, che senza tecnostrutture consolidate in esperienze ormai più che secolari stanno solo lì per certe parate televisive, ove sbadigli e sonnecchianti pose si sprecano, a disdoro di tutti, e dovendo controllare ciò che ignorano, nulla controllano. E i danni nei fondi assicurativi, nelle ruberie previdenziali ed assicurative, negli arcani giochi di borsa (giochi speculativi sovranazionali che restano ovviamente incontrastati), nelle ciarlate a tutela della privacy, nei maneggi dei giochi di stato in uno con lotto, lotterie, cartoline ruba soldi e via discorrendo, e i danni – dicevamo – sono agli occhi di tutti.
E così potrei sperare che ritorni vivida e cogente la vecchia legge bancaria a tutela del risparmio, a sostegno dell’esercizio del credito, a moderazione di costosissimi sportelli bancari – pullulanti dappertutto, per procurarsi il favore di questo o quello piccolo satrapo -, che martelli il connotato di “pubblico interesse” in ogni aspetto dell’operare bancario italiano che deve esplicarsi in una insuperabile distinzione tra la vicenda creditizia a breve e quella a lungo, che deve sottostare ad un controllo “atipico” – né qualitativo né quantitativo, a disdoro della pasticcera di Milano – il cui apice tecnico è il Governatore ma il referente è un organo interministeriale di cui peraltro fa parte lo stesso governatore, cui intatta deve restare la sua funzione valutativoa anche dei fatti aventi rilevanza penale (ex. Art. 10). E qui non smetterei, ma il resto ad altra occasione. Bando comunque a tanta ciarlataneria che sorge in quell’ottobre del 1974 quando il terrore corse sul filo ed investì soprattutto il direttorio di via nazionale 91, a seguito della furente contesa Carli-Occhiuto per la sconvolgente vicenda Sindona (di cui credo di saperne qualcosa di più degli altri, come si evince dal mio romanzetto LA DONNA DEL MOSSAD, apologo sul caso Sindona, che giustamente ha rarissimi lettori).
7 agosto 2012
 
 

domenica 10 marzo 2013

Un direttore di una rivista specializzato non ha inteso pubblicare questo muo commento, dicendo ch non ci aveva capito un cazzo!


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze credono più al fascino delle arditezze speculative che a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro, a quella vaga e indefinibile cosiddetta“prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento anche per esemplari condanne - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145 vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una“una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale. E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita. Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi; più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o“imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.


Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.


Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora? Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna

 

venerdì 1 marzo 2013

Soluzione MPS? Occorre ingegneria finanziaria alla Carli. [Nuova edizione riveduta e corretta]


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze  credono più al fascino delle arditezze speculative che  a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro,  a quella vaga e indefinibile cosiddetta “prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento  anche per esemplari condanne  - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145  vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una “una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background  di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale.  E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone  … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri  per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse  alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita.  Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi;  più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce  in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o “imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i  mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.

 Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.

Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora?  Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie  a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna

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