Per nostra residua fortuna, i geroglifici di questa epigrafe
non si leggono (almeno agevolmente). Sono il maggior dileggio che l’ingrato
SCIASCIA (sì Leonardo lo scrittore) ebbe a dispensare al suo paese che è
soprattutto ll nostro. Vi è una sorta di masochismo in certa intellighenzia
racalmutese. Si finge di non capire e si contrabbanda come elogio l’infamia. Ne
son nati di guai per questo paese che si chiama Racalmuto, punto e basta. Da ignominia
in ignominia siamo arrivati ad un immeritato infamante “commisariamento”. Già –
dice Sciascia, siamo lontani dalla ragione e dalla legalità – tutti ma proprio
tutti noi racalmutesi. Ma io non mi sento né pazzo né malfattore. Non ho mai
neppure detto che un sedicente marchese
di Finale e di Savona si fosse peritato da SCAVEZZACOLLO di venire ad usurpare
la signoria prima, il baronato dopo e infine la contea di Racalmuto. Ho detto
di più e di peggio e quindi ho stigmatizzato coloro che ci hanno preso tutti
per babbei per poter disperdere i pochi fondi delle nostre disastrate casse
comunali in festeggiamenti per un gemellaggio storicamente risibile e per
finanziare pubblicazioni di generi ed amici di Sciascia tendenti ad accreditare
l’imbroglio storico.
Ma la residua intellighenzia di quei tempi plaude al falso
scavezzacollo ed ora accredita l’infame epigrafe in simoniaca pubblicità. Ma
noi Racalmutesi non siamo in grado di reagire, mettere i puntini sulle i e
soprattutto non possiamo sabotare pubblicitarie iniziative commerciali a solo
nostro danno e scorno?
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