domenica 26 maggio 2013

Un grande prete: padre Puma, un minuscolo successore


Mio stimatissimo sagace dottore oculista curante, e come posso dimenticare? Superato il piccolo scoglio di questo nome che mi risulta difforme ma spero di avere subito qui il chiarimento, dico che quello fu un momento topico del salto dall’imbroglio ultra foraggiato dell’inganno storico alla luce offuscante della genuina vicenda umana, sofferta, agguerrita, petulante, incoercibile, beffarda ma saggia, cosciente,meritevole, con preti da vidirici la missaa e subbitu stuccarici li rini, della verace RACALMUTO.

Padre Puma non era un santo, ma questo grandissimo amico mio, sapeva vivere, fingere di salvare le anime ma salvaguardandone il corpo; non sapeva che farsene di prediche stucchevoli di falsi mistici per bambinelli dagli occhi sonnolenti. Padre Puma amava vivere, amava la vita, amava gioire e se un piacere l’aveva creato Dio era dunque cosa buona e giusta, e se una donna era peccatrice ma avvenente aveva diritto all’assoluzione pur senza confessione. E se una bigotta, due bigotte, tre bigotte gli rompevano le scatole ( e gliele rompevano. Varie volte assistetti) sapeva sorridere, sornione, da buon uomo di mondo. Sapeva che rimanere per tutta la vita virgines in capillis era stimolo alla farnicazione .. in mancanza di fornicazione. Una volta ne abbiamo riso insieme. Non dileggio il grande amico mio Alfonso Puma Pagliarello. Ora c’è al suo posto il nuovo santo: se io fossi foco come lo brucerei. Si permette persino di seppellire una seconda volta il grande Mons. Alfonso a piè di terra di una porta laterale in modo che nessuno se ne accorga. Come si fa a non essere anticlericali? Ma ‘sto Vescovo che ci sta a fare?

Torniamo a noi: la scienza del dottor Piparo non accetta che il male oculare in quel brutto e illeggibile dipinto che tutti hanno decretato essere di Pietro D‘Asaro non può che essere male congenito o simile. Allora la mia indubitabile conoscenza del diritto canonico all’epoca neo-conciliare tridentina dice che quel quadro non raffigura nessun Pietro D’Asaro perché non sarebbe entrato in seminario con il suo coetaneo Marco Antonio Alajmo e dopo non poteva divenire chierico sia pure ammogliato.

Salta un altro domma paesano targato Sciascia. Impossibile. Oggi non c’è più il Santo Ufficio a Racalmuto ma la scherani degli amici della noce hanno il potere storico. Anche le più evidente minchiate sciasciane sono intoccabili: fra Diego La Matina è martire e tenace concetto racalmutese. Ma padre Puma mi ha consentito di appurare che non è vero. E chi è padre Puma di fonte al nume della Noce? Di falso in falso, ora debbo credere che i castelli sono svevi. Perché svevi? Perché fa comodo a qualcuno.

Quel momento topico delle felici ricerche del dottor Piparo io a mie spese l’ho traslato in un aureo libretto. Ma allora come ieri come oggi e pare anche per un anno e mezzo ancora il comune, la cultura, la storia è in mano di gente volpina. Riesce a salir di grado persino con Petrotto, per meriti affini pare, sta sodale con Petralia, le triadi di diomede, paese al tramonto e calata di nobili de romana gente. Poveretto me: nulla mi si deve per socializzare i miei risultati storici sul paese. Ma neanche ora che ho scandagliato il buco nero delle Favole della Dittatura di Sciascia, avallate nel 1951 dal gronchiano Pasolini posso avere accesso nel miliardario castello chiaramontano in mano degli amici degli efebici scultorelli dell’alabastrino. E il mio grande amico preside pittore un nome nella pittura da mezzo secolo, può avere asilo nei palazzi dello spreco racalmutese per esporre ai racalmutesi le sue luminose riletture pittoriche di quelle favole datati editore baldi, 1950.

Ha da passa’ a nuttata!

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