giovedì 25 aprile 2013

Appunti colti per la storia di RACALMUTO

1 Fondato con la bolla Copiosus in misericordia Dominus emanata dal pontefice Paolo III il 16 novembre 1548, il Messanense Studium Generale iniziava a funzionare con regolarità solo nel dicembre 1596, a conclusione dello scontro tra la Compagnia di Gesù e la Giurazia messinese per il controllo dell'istituzione e, successivamente, della controversia con Catania, che rivendicava il monopolio dell'istruzione superiore nell'isola. Su queste vicende, tra i numerosi recenti contributi, si vedano in particolare Andrea Romano, Prefazione a D. Novarese, I Capitoli dello Studio della Nobile Città di Messina, Messina, Sicania, 1993, p. V-XL; Daniela Novarese, Istituzioni politiche e studi di diritto fra Cinque e Seicento. Il Messanense Studium Generale tra politica gesuitica e istanze egemoniche cittadine, Milano, Giuffrè Editore, 1994.
2 Risale infatti al 1838 la rifondazione borbonica dell'Ateneo messinese. Dopo oltre un secolo e mezzo dalla soppressione ordinata dal conte di Santisteban, Ferdinando II, re delle Due Sicilie, con R.D. del 29 luglio 1838, n. 4745, elevava la locale Accademia Carolina al rango di Università; cfr. Giuseppe Oliva, Abolizione e rinascimento della Università di Messina, in CCCL anniversario della Università di Messina. I Professori, 2 v., Messina, Libreria editrice Ant. Trimarchi, 1900, I, p. 209-365 (oggi riedito nella collana "Monumenta Historica Messanensis Studiorum Universitatis" a cura di A. Romano, II, Messina, Intilla Editore, 1996); Daniela Novarese, Da Accademia a Università. La rifondazione ottocentesca dell'Ateneo messinese, in Le Università minori in Italia nel XIX secolo, a cura di M. Da Passano, Sassari, Centro interdisciplinare per la storia dell'Università di Sassari, 1993.
3 L'ordinanza è riprodotta da Gaetano La Corte-Cailler, L'Ateneo messinese ed i suoi varii fabbricati, in CCCL anniversario della Università di Messina (contributo storico). R. Accademia Peloritana, Messina, Tipografia D'Amico, 1900 (= I vol. della rist.an.edita da  Intilla, con Prefazione di A. Romano), p. 55 nt. 2.
4 Ioseph Cesino et Fogletta, Pragmaticarum Regni Siciliæ tomus tertius, Panormi, apud Ioseph Gramignani typographum Regii Palatii, 1700, tit. XXVI, De professoribus et medicis, pragmatica I, p. 264-268.
5 Così si legge nel decreto viceregio dell'8 gennaio 1679, il cui testo è edito da Francesco Guardione, La rivoluzione di Messina contro la Spagna (1671-1680). Documenti, Palermo, Scuola tip. "Boccone del Povero", 1906, p. 418-419.
6 Testimonio del despojo de los Privilegios de Mesina que se hizo por Don Rodrigo de Quintana, siendo consultor de Sicilia en IX de enero M.DC.LXXIX., Messanae 1679, che si legge anche in Vito La Mantia, I Privilegi di Messina (1129-1816). Note storiche con documenti inediti ... I Privilegi dei Re Normanni, Palermo, Libreria Alberto Reber, 1897, p. V.
7 Cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 349.
8 Si vedano il dispaccio viceregio datato 11 gennaio 1679, indirizzato dal conte di Santisteban al Tribunale del Patrimonio, edito in Guardione, La rivoluzione, p. 419-420; Copia di viglietto sopra la demolitione della casa ove si solea giontare l'olim senato della citta di Messina e rottura della campana di essa città..., emanato sempre dal viceré de Benavides e pubblicato a Messina nel 1679.
9 Venivano soppresse, ad esempio, le Accademie della Stella, degli Abbarbicati e - più 'politicizzata' e più 'coinvolta' fra tutte - l'Accademia della Fucina. Sulle accademie messinesi si veda Daniela Novarese, Accademie cittadine, in Messina. Storia e civiltà, a cura di G. Molonia, Messina, Edizioni GBM, 1997, p. 311-315; sull'Accademia della Fucina si veda anche, per quanto 'datata', l'indagine di Giacomo Nigido-Dionisi, L'Accademia della Fucina di Messina (1639-1678) ne' suoi rapporti con la storia della cultura in Sicilia. Con cenni biografici, indicazioni e descrizioni bibliografiche, Catania, Niccolò Giannotta, 1903, nonché le pagine dedicate ad essa da Corrado Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli, Guida Editori, 1984, p. 71-74, e da Giuseppe Lipari, Cultura, politica e società nella Messina del XVII secolo, Introduzione alla rist. an. di Placido Samperi, Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio Maria protettrice di Messina, Messina, Intilla Editore, 1990, p. XXXVII* ss.
10 Così Enrico Mauceri, Messina nel Settecento, Messina, Reprint-Edizioni della libreria Bonanzinga, 1981, p. 1.
11 Cfr. Gioacchino Chinigò, Maestri e studenti dell'Ateneo di Messina nella storia della libertà, in CCCL anniversario [...] R. Accademia Peloritana, p. 295-342, dove, con fervore patriottico e disarmante ingenuità, la rivolta antispagnola era sostanzialmente accomunata ai moti del 1847 e alla rivoluzione del 1860, come esempio della costante aspirazione alla libertà del popolo messinese. In questo quadro l'Ateneo era sempre collocato al centro degli eventi.
12 Cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 341.
13 Cfr.Andrea Romano, Università, in Messina. Storia e civiltà, p. 301-303.
14 Non ci sembra comunque condivisibile l'opinione di Carmelo Trasselli, Messina 1674, in La rivolta di Messina (1674-78) e il mondo mediterraneo nella seconda metà del Seicento, Atti del Convegno storico internazionale di Messina (10-12 ottobre 1975), a cura e con Prefazione di S. Di Bella, Cosenza, Edizioni Pellegrini, 1979, p. 203-204, che si dichiara convinto della mancata partecipazione alla rivolta di giuristi, notai, giudici, nonché dei professori e degli studenti dello Studio "che non compaiono in modo assoluto", eccezion fatta per il 'malvizzo' Giovanni Alfonso Borelli. Una puntuale elencazione dei doctores legentes strutturalmente legati all'Ateneo e al collegio dei giuristi e coinvolti nei drammatici avvenimenti degli anni Settanta si legge in Novarese, Istituzioni politiche, p. 339 ss.
15 Cfr. Dollo, Modelli scientifici, p. 138.
16 Cfr. Andrea Romano, élites culturali, élites politiche e cultura giuridica a Messina fra Cinque e Seicento, in Istituzioni politiche e giuridiche e strutture del potere politico ed economico nelle città dell'Europa mediterranea medievale e moderna. "La Sicilia", a cura di A. Romano, Messina, Accademia Peloritana dei Pericolanti, 1992. Per un quadro d'insieme delle tendenze dell'editoria giuridica siciliana rinvio a M. Antonella Cocchiara, Le edizioni giuridiche siciliane dei secoli XV-XVII, Introduzione a Diritto e cultura nella Sicilia Medievale e Moderna. Le edizioni giuridiche siciliane (1478-1699), con Prefazione di A. Romano, Soveria Mannelli-Messina, Rubbettino Editore, 1994, p. 16-20.
17 è quanto osserva preliminarmente Francesco Benigno, Messina e il duca d'Osuna: un conflitto politico nella Sicilia del Seicento, in Il governo della città. Patriziati e politica nella Sicilia moderna, a cura di D. Ligresti, Catania, C.U.E.C.M., 1990, p. 173-207, che al riguardo cita i lavori del Galatti, del barone Arenaprimo, di Francesco Guardione, del Dalla Vecchia, del Pieri e del Petrocchi, datati tra la fine dell'800 e il 1954 (p. 175, nt. 6). I successivi contributi sulla rivolta antispagnola e in genere sui contrasti tra Messina, da una parte, e la Deputazione del regno e la città di Palermo, dall'altra, si sottraggono nettamente a tale giudizio, a cominciare da Enrico Mazzarese Fardella, Osservazioni sulle leggi pazionate in Sicilia, Palermo, presso l'Accademia, 1956 (Estratto dagli "Atti dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo", IV ser., 16 (1955-1956), parte II), che colloca gli scontri tra Messina e il governo spagnolo all'interno dei difficili rapporti 'contrattuali' di tipo privatistico che legano ancora la Corona spagnola e i sudditi nella fase di passaggio verso l'assolutismo. Meritano, tra gli altri, di essere ricordati Giuseppe Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento all'Unità d'Italia, in V. D'Alessandro-G. Giarrizzo, La Sicilia dal Vespro all'Unità d'Italia, Storia d'Italia diretta da G. Galasso, XVI, Torino, UTET, 1989, p. 326-347, ma anche le p. 248-250; 256-290; La rivolta di Messina (1674-78); Luis Antonio Ribot García, La revuelta antiespañola de Mesina. Causas y antecedentes (1591-1674), Valladolid, Universidad de Valladolid, Facultad de Filosofia y Letras, 1982; Carmelo E. Tavilla, Per la storia delle istituzioni municipali a Messina tra Medioevo ed età moderna, 2 v., Messina, Società Messinese di Storia Patria, 1983.
18 Su questo punto cfr. Giuseppe Giarrizzo, Introduzione, in Storia d'Italia Einaudi. Le regioni dall'Unità ad oggi. La Sicilia, a cura di M. Aymard e G. Giarrizzo, La Sicilia, Torino, Einaudi, 1987, p. xlix ss.; Francesco Benigno, La questione della capitale: lotta politica e rappresentanza degli interessi nella Sicilia del Seicento, "Società e storia", 13 (1990), p. 27-63; Daniela Novarese, Policentrismo e politica culturale nella Sicilia spagnola. Palermo, una capitale senza Studium, in Le Università minori in Europa (secoli XV-XIX), Atti del Convegno Internazionale di Studi (Alghero, 30 ottobre-2 novembre), p. 573-592 (in corso di stampa).
19 Cfr. Benigno, Messina e il duca d'Osuna, p. 178, che ricorda la Relación de las cosas del Reyno de Sicilia redatta da Pedro de Cisneros nel 1585 (Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 11592, f. 105r).
20 Il diritto di 'controprivilegio' consisteva nella facoltà riconosciuta ai giurati messinesi di attivare una speciale procedura a tutela dei privilegi cittadini mediante il ricorso alla Corte stratigoziale per ottenere la sospensione di qualunque atto politico, amministrativo o giudiziario considerato contra privilegia et statuta Urbis. Il capitolo di Alfonso d'Aragona del 30 settembre 1422 prevedeva che, in seguito alla sentenza della Corte stratigoziale dichiarativa di 'controprivilegio', l'esecutività della disposizione contestata fosse sospesa fintanto che il potere centrale non si fosse pronunciato al riguardo. Il privilegio alfonsino imponeva, infatti, alla Corte cittadina di sottoporre entro un mese dalla sua emanazione il c.d. 'eulogio' (cioè il documento in cui veniva motivata la dichiarazione di 'controprivilegio') all'esame del sovrano e, dopo la sua istituzione, del Supremo Consiglio d'Italia e di attendere per quattro mesi la risposta, in mancanza della quale il provvedimento doveva considerarsi esecutivo; cfr. Capitoli e privilegi di Messina, a cura di C. Giardina, Palermo, presso la R. Deputazione di Storia Patria per la Sicilia, 1937, p. 199-200. Il privilegio del 1591 ampliava notevolmente i margini di azione della Corte stratigoziale perché: 1) consentiva che l'eulogio potesse essere inviato al sovrano e al Consiglio d'Italia entro otto mesi dalla dichiarazione che sospendeva l'efficacia dell'atto; 2) stabiliva che "mentre non veni detta risposta", si dovesse osservare e dare esecuzione alla sentenza dei giudici cittadini. Le
aspirazioni messinesi trovavano così risposta: la città, infatti, aveva sempre teso a 'dilatare' ambito e modalità di esercizio di questo vero e proprio strumento di controllo locale sui provvedimenti del potere centrale. Il ricorso sempre più spregiudicato al 'controprivilegio' era, peraltro, affiancato da un'altra arma largamente usata dal massimo consesso cittadino per controllare ogni forma di dissenso: il diritto alla ricusazione, che 'bollava' con la dichiarazione di "exoso, ostile et inimico" quanti - ufficiali, ministri, concittadini - fossero ritenuti ostili e quindi pregiudizievoli alla città. Cfr. Ribot García, La revuelta antiespañola, p. 57 ss.; Maria Teresa Napoli, Ministero - feudalità - potere sovrano in Sicilia nel sec. XVII: la Corte Stratigoziale di Messina, Roma, La Sapienza-Libreria universitaria, 1981, p. 26-27, 53-54; Tavilla, Per la storia delle istituzioni, I, p. 17 ss.; Benigno, La questione della capitale, p. 36-37, 48.
21 Con quello stesso capitolo Filippo II autorizzava la città di Messina ad imporre una gabella di un tarì "per salma di formenti e farine che entreranno in detta città", da destinare al finanziamento dello Studium. Il testo del privilegio è interamente edito in Caio Domenico Gallo, Gli annali della città di Messina, III, Messina, Tipografia Filomena, 1881 (rist. an. Sala Bolognese, Arnaldo Forni editore, 1980, da cui si cita), p. 122-134; si legge regestato in Giardina, Capitoli e privilegi, p. 456-457. La conferma del privilegio di istituire lo Studium è anche ripubblicata in Romano, Prefazione, p. XXXII.
22 Così Benigno, Messina e il duca d'Osuna, p. 178; sul punto si veda soprattutto Mazzarese Fardella, Osservazioni sulle leggi pazionate, ma anche la Napoli, Ministero, p. 88-89.
23 Sulla lite con Catania si sofferma esaurientemente Novarese, Istituzioni politiche, p. 108 ss.
24 Si veda Benigno, Messina e il duca d'Osuna; Id., La questione della capitale. Utili indicazioni già in Mazzarese Fardella, Osservazioni sulle leggi pazionate. Da ultimo, anche Tavilla, Per la storia delle istituzioni, I, p. 68 ss.
25 Benigno, La questione della capitale, p. 39.
26 Cfr. Marcello Verga, La Sicilia dei grani. Gestione dei feudi e cultura economica fra Sei e Settecento, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1993.
27 Cfr. Simona Laudani, La Sicilia della seta. Economia, società e politica, Catanzaro, Meridiana Libri, 1996.
28 Cfr. Rosario Villari, La rivolta di Messina e la crisi del Seicento, in La rivolta di Messina, p. 33.
29 José Antonio Maravall, Stato moderno e mentalità sociale, 2 v., trad. it. di A. Jachia Feliciani, I, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 184-185, che sottolinea: "La scelta di questa capitale risponde a ragioni militari, amministrative, commerciali, sanitarie e anche di prestigio e importanza storica", concordando comunque con Tönnies "quando dice che la "capitale" dove risiede la Corte, in un moderno Stato amministrativo, acquista carattere di grande città, anche se le sue dimensioni non vi corrispondano".
30 Le molteplici ragioni dell'interesse dei messinesi alla residenza della corte sono ben illustrate da Ribot García, La revuelta antiespañola, p. 72.
31 L'espressione è usata - a nostro avviso con estrema sagacia e opportunità - da Dollo, Modelli scientifici, p. 138, e più volte ripresa da Lipari, Cultura, p. XI*-LVIII*, nell'ampio quadro d'insieme che questi traccia sulla 'gestione politica' della cultura messinese e sui peculiari interessi vantati dalla locale classe senatoria, e dalla Novarese, Istituzioni politiche, p. 238, 240, 291.
32 Dollo, Modelli scientifici, p. 71 e 140 ss., offre la suggestiva rappresentazione di un patriziato messinese che, attraverso il 'suo' Studium, investe la propria "credibilità di classe dirigente alternativa" perseguendo un impegnativo (e difficile) programma culturale alla ricerca di una "complementarità" fra "innovazione scientifica", affidata alla facoltà medica e delle arti, aperta alle novità culturali, e "conservazione giuridica", propria di una facoltà di diritto "arroccata sui privilegi municipali".
33 Cfr. Lipari, Cultura, politica e società, p. XI*-LVIII*; con maggiore attenzione per gli studi giuridici, Romano, élites culturali, p. 128 ss.; Id., Università, p. 303.
34 Dollo, Modelli scientifici, p. 141, a proposito della politica culturale messinese (giuridica e medico-scientifica) così come impostata dal ceto senatorio, avrà a dire: "il rinnovamento tecnico era perseguito, ma la base teoretica sottesavi non trovava adeguato e autonomo sviluppo concettuale nella diffusione accademica, restando affidata di massima a lettori la cui subalternità intellettuale emerge dalla marcata improduttività scientifica". Pur condividendo il giudizio, anzi comprovandolo, corregge in parte il tiro Romano, élites culturali, p. 138-139, che sottolinea come la mancanza di una produzione giuridica didattico-scientifica di un certo rilievo qualitativo e quantitativo non significasse che nello Studio messinese non si formavano "degli ottimi professionisti e qualche giurista di valore", evidenziando piuttosto "i limiti di un ambiente con un'angusta vocazione culturale e ciò indipendentemente dal livello della scienza giuridica, nei medesimi anni, in altre regioni d'Europa".
35 Tra le opere giuridiche edite tra il 1597 e il 1678, quelle legate all'attività didattico-accademica dei docenti messinesi risultano essere appena 11; tante ne ha contate la Novarese, Istituzioni politiche, p. 192 ss., 281, peraltro intravedendo in esse "una letteratura certo non innovativa nell'impostazione metodologica e nei contenuti". Una produzione limitata, ancorché più estesa di quella riferibile all'attività dei docenti catanesi, all'interno della quale primeggiano comunque quei lettori 'reclutati' dal "circuito accademico 'nazionale'", docenti non siciliani per nascita ma soprattutto per formazione culturale, per abito mentale, per tipicità di interessi; cfr. anche Cocchiara, Le edizioni giuridiche siciliane, p. 36.
36 Cfr. Romano, élites culturali, p. 135 ss.
37 Sul collegio dei dottori giuristi della nobilis civitatis Messanae si veda Novarese, Istituzioni politiche, p. 224 ss.
38 Novarese, Istituzioni politiche, p. 303.
39 Carmelo Trasselli, Messina dal Quattrocento al Seicento, in E. Pispisa-C.Trasselli, Messina nei secoli d'oro. Storia di una città dal Trecento al Seicento, Messina, Intilla editore, 1988, p. 495-496, elenca le ingenti somme pagate dalla città nel perseguire quella 'politica dei privilegi' che di fatto si sarebbe risolta "in un fattore negativo per Messina stessa e per la Sicilia tutta" e, con acutezza, osserva come i ceti dirigenti cittadini "profusero tesori a milioni di scudi, senza mai ottenere un provvedimento, una cosa qualsiasi veramente utile alla città o che non avrebbero potuto ottenere senza privilegi". Cfr. anche Tavilla, Per la storia delle istituzioni, passim; Ribot Garcia, La revuelta, p. 46-52, 69-72, e da ultimo Federico Martino, 'Messana nobilis Siciliae caput'. Istituzioni municipali e gestione del potere in un emporio del Mediterraneo, Roma, Il Cigno-Galileo Galilei-Edizioni di arte e di scienza, 1994, che pone in evidenza i guasti che "lo strapotere dell'élite" cittadina avrebbe cagionato nella gestione economica (p. 126 ss.).
40 Lipari, Cultura, p. XXI*, sottolinea questi elementi analizzando l'impianto ideologico della Messina città nobilissima, una sorta di guida storico-artistica scritta dal "cavalliero messinese" Giuseppe Buonfiglio e Costanzo (Venezia 1606), dove l'autore, come in altre sue opere di analogo tenore propagandistico e come già aveva fatto Filippo Gotho, nel Breve ragguaglio dell'inventione e festa de' gloriosi martiri Placido e compagni edito a messina nel 1591, "fa emergere ancora una volta il quadro di una società ricca di potenzialità economiche e culturali, tale da non sfigurare nel confronto con i centri più prestigiosi di tutti i domini spagnoli". Insomma, una vera capitale.
41 Novarese, Istituzioni politiche, p. 284 ss.
42 Lipari, Cultura, p. XXV*.
43 Vincenzo Ferrarotto, Della preminenza del stradicò della Nobile Città di Messina e sua Regia Corte. Compendio diviso in trenta Discorsi brevissimi, in Venetia 1591. L'operetta, con poche variazioni nel titolo, sarebbe stata ripubblicata una prima volta nel 1593 (Venetiis, sub signo Leonis), per essere poi riproposta, a cura e con le addizioni del nipote Antonino Ferrarotto (Cosenza, per Gio. Battista Russo), nel 1671, quindi nel preludio della più profonda ed esiziale tra le crisi della città con il potere viceregio. Sul lavoro del Ferrarotto cfr. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento, p. 266; Napoli, Ministero, p. 12-13, passim; Benigno, La questione della capitale, p. 48-49; Lipari, Cultura, p. XV*, che in siffatta 'esaltazione' della carica di stratigò vede "il supporto giuridico più appropriato alle istanze autonomistiche del patriziato messinese. Con uno Statigoto quasi Viceré, la città nella prospettiva del Ferrarotto, avrebbe realizzato di fatto un regime politico che non avrebbe avuto uguali nei domini spagnoli". Sul Ferrarotto si veda Rosario Contarino, Ferrarotto, Vincenzo, in "Dizionario Biografico degli Italiani" (= D.B.I.), 46 (1996), p. 751-752.
text-justify: distribute-all-lines;44 Le stesse tesi del Ferrarotto, peraltro corredate da un apparato documentario ben più solido, sarebbero state esposte, tra il 1622 e il 1624, dallo storico messinese Antonino Amico, Breve noticia del govierno del Estraticò y Regia Curia Estraticocial de la muy nobile y fidelissima Ciudad de Messina en el Reyno de Sicilia, a cura di R. Starrabba, in
text-justify: distribute-all-lines;;>Scritti inediti o rari di Antonino Amico, in "Documenti per Servire alla Storia di Sicilia", IV ser., 1 (1892), p. 29-59, che enucleava con lucidità le fondamenta dell'autonomismo messinese, individuate nella "forma quasi di repubblica e municipio antico in cui si vive secondo leggi proprie" e nella struttura e nei poteri del Senato e della Curia stratigoziale; cfr. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento, p. 268-269. L'Amico, storiografo regio, inviato dal Senato in ambasceria alla corte madrilena nel 1618 per patteggiare la conferma e l'estensione dei privilegi cittadini, veniva in seguito ritenuto poco affidabile dal ceto senatorio per avere anteposto durante il suo soggiorno spagnolo gli interessi di studio agli obiettivi della sua missione. Probabilmente per questo motivo l'opera sarebbe rimasta inedita e sottratta ad una più ampia circolazione; cfr. Lipari, Cultura, p. XXXI*.
45 "Lo Strategoto - scrive la Napoli, Ministero, p. 45 - aveva la duplice funzione di magistrato cittadino e di Capitano d'armi. La distinzione era opportunamente sottolineata poiché in quanto magistrato lo Strategoto dipendeva dal sovrano da cui era direttamente eletto, in quanto Capitano d'armi, e solo in questa funzione, dipendeva dal viceré che era Capitano generale del regno di Sicilia". Sullo strategoto e le sue competenze continua ad essere utile la consultazione di Ferrarotto, Della preminenza, e Amico, Breve noticia.
46 Novarese, Istituzioni politiche, p. 288.
47 Per un quadro completo della vicenda cfr. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento, p. 266-267; Tavilla, Per la storia delle istituzioni, I, p. 65-67; Lipari, Cultura, p. XXIV*-XXV*.
48 Cfr. Mario Giurba, Consilium XIX, in Id., Consilia seu decisiones criminales, Venetiis, apud Io. Baptistam Combum, 1626, p. 93, a conclusione del parere da lui dato, nel 1610, su quello stesso argomento, ricordava: "Hac de re scripsit Iacob. Gallus cons. 104".
49 Sulla lite fra i due Studia siciliani e sulla difesa condotta dal Gallo cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 108 ss.
50 La norma statutaria che disponeva l'elezione alle più importanti cattedre (non solo di diritto, ma anche di medicina) di lettori stranieri, nella prassi, sarebbe stata sovente violata, specie a causa della documentata difficoltà di 'reperire' docenti disposti a trasferirsi in una sede così periferica; cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 181.
51 Lo sottolinea Romano, élites culturali, p. 141.
52 Novarese, Istituzioni politiche, p. 192, dà notizia di undici manoscritti "riferibili nella loro totalità all'attività didattica svolta dal Gallo presso lo Studio napoletano e, marginalmente, al suo impegno come docente a Messina ed a Padova". Sull'edito cfr. Diritto e cultura, p. 340-342. Sul Gallo si veda la biografia scritta dall'allievo Francesco Antonio Purpura, Vita Iacobi Galli, in Gallo, Consilia, s.n.
53 Si tratta del consilium CIV, che si legge nella raccolta postuma, curata dal figlio Alessandro, G. Gallo, Consilia sive iuris responsa, Neapoli, ex typographia Maccarani, 1622, p. 261-263; cfr. Diritto e cultura, p. 340.
54 Gallo, Consilia sive iuris responsa, cons. CIV, p. 263.
55 Ottavio Glorizio, Pro Nob. et fidelissima Urbe Messanae in iure responsum, Messanæ, per Petrum Bream, 1610, che poneva e dibatteva la questione "An Electio facta per ... Cardinalem de Oria ... De offitio Straticoti dicta Urbis, in personam Don Caesaris Gaetano Marchionis Sortini, sit contra Privilegia Messanae". Questo responsum si legge anche nel primo volume della silloge (Messina, G. F. Bianco, 1624, p. 155-167) di Iuris responsa de variis privilegis urbis Messanae, da cui si cita, corrispondendo al quartum degli undici responsa ivi raccolti, dati dal Glorizio tra il 1608 e il 1623 (un secondo volume, edito a Venezia nello stesso anno, conteneva altri due responsa, il 12o e il 13o). Cfr. Diritto e cultura, p. 343-345, dove è registrato anche un Commentarius in capitulo super literis de rescriptis, edito a Messina nel 1603, che riproduce il corso di lezioni tenuto nello Studium peloritano sul titolo De rescriptis delle Decretali nell'anno accademico 1600-1601; su quest'opera si veda Novarese, Istituzioni politiche, p. 194 e 196.
56 Mario Giurba, Responsum … pro Nobilissima Urbe Messana. Argumentum. Straticotus Messanae Urbis, An a solo Rege eligendus sit, et An aliquo in casu possit a Siciliae Prorege eligi?, s.n.t., che riproduce, con qualche variazione, il cons. XIX, p. 79-93, della citata raccolta di Consilia seu decisiones criminales, più volte edita, oltre che a Messina nel 1626 per i tipi di G. Francesco Bianco, anche a Venezia (1626, da cui si cita), Genova (1645, 1654), Colonia (1629) e Napoli (1654). La consistente produzione del Giurba annovera anche una delle poche edizioni riconducibili all'insegnamento del diritto (in questo caso, del diritto feudale) nell'Ateneo messinese: le Repetitiones de successione feudorum, inter ascendentes et descendentes masculos, ad cap. 118 Regis et Imperatoris Caroli V., pubblicate nella città dello Stretto nel 1635. Sulla produzione del Giurba edita nell'isola cfr. Diritto e cultura, p. 208-210; relativamente alle Repetitiones, cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 194 e 196-198.
57 Sul tema dell'elezione dello strategoto scriveva anche l'"avvocato stipendiato della città" Francesco Furnari, [Allegationes] Causa, de qua in praesenti consultatione agitur super declaratione contra privilegii electionis factæ offitii straticoti per…, s.n.t. Cfr. Diritto e cultura, p. 202. Contro le argomentazioni di parte messinese si vedano le risposte date "Die 8. Ianuarii ix. indictionis 1611" sul 'controprivilegio' opposto dalla città all'elezione del marchese di Sciortino; cfr. Diritto e cultura, p. 59, n.1.
58 Glorizio, Quartum responsum, in Id., Iuris responsa, p. 159. Il Glorizio, in altri consilia della stessa raccolta, esprimeva "l'opposizione mossa [dalla città] al potere centrale accusato ancora una volta di avocare a sé la funzione di eleggere alcuni officiales cittadini", come il credenziere del regio campo delle vettovaglie (resp. VI, pp. 183-207, dato nel 1608) o l'assessore della regia secrezia di Messina (resp. XI, p. 292-300, dato nel 1618), la cui scelta avrebbe dovuto spettare al Senato; cfr. Novarese, Istituzioni politiche, p. 288-289.
59 Giurba, Consilia seu decisiones, cons. XIX, p. 87.
60 Giurba, Consilia seu decisiones, cons. LIX (1623), pp. 288-311; cons. LXXXIX, pp. 454-458 (1622); cfr. in proposito Novarese, Istituzioni politiche, p. 287.
61 Benigno, La questione della capitale, p. 53.
62 Cfr. Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia cronologica de' Viceré, Luogotenenti e Presidenti del Regno di Sicilia, con Introduzione di I. Peri, 4 v., Palermo, Regione Siciliana, 1974, III, p. 40.
63 Nel 1611 Filippo III sconfessava l'operato del presidente Doria, ordinando la scarcerazione dei senatori e giudici cittadini da lui fatti imprigionare. Successivamente (5 settembre 1622), Filippo IV, "confermando le antiche grazie, ed accettando l'offerta di scudi centocinquantamila", dichiarava che l'elezione dello strategoto spettava solo al sovrano "y che vacando el dicho cargo por muerte, ausencia, ó fin de bienio, y ante que sigue el sucesor [...], que el Virey no se pueda meter en eligir ó subrogar otro, ni en la propiedad, [ni en enterim,] ni en otra forma alguna sino que durante el tiempo de la vacacion, entre en el ejercicio del dicho cargo de Estradigò, el Lugarteniente que es la Corte Estradicocial cada Juez, por su tanda, en la forma, y modo ahora se estila...". Cfr. Gallo, Gli annali della città, III, p. 238, 308. Il privilegio di Filippo IV si legge anche in calce al Quartum responsum del Glorizio (p. 167).
64 Cfr. Diritto e cultura, p. 208.
65 Cfr. Martino, 'Messana nobilis Siciliae caput', p. 127.
66 Dollo, Modelli scientifici, p. 138; Novarese, Istituzioni politiche, p. 291.
67 Per certi versi uno 'scontro annunciato', dopo la morte di Filippo II e alla luce dei mutati assetti dei vertici politici spagnoli, favorevoli a rinsaldare i rapporti con la classe dirigente palermitana e con il blocco di interessi da questa controllato e quindi a disconoscere i precedenti accordi con Messina. Cfr. in proposito Benigno, La questione della capitale; per una ricostruzione ampia della vicenda si vedano Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento, p. 227-273; Lipari, Cultura, p. XXV*-XXVI*; Benigno, Messina e il duca d'Osuna; Louis Barbe, Don Pedro Téllez Girón duc d'Osuna vice-roi de Sicile 1610-1616. Contribution à l'étude du règne de Philippe III, Grenoble, Ellug, 1992 (in particolare il cap. VIII intitolato Parlement de 1612 et tumulte de Messine, p. 127-153).
68 Ottavio Glorizio, Pro immunitate urbis Messanae in iure responsum, in quo de immunitatum privilegijs ac de validitate eorumque efficacia adversus obiecta late, faciliter et ordinate differitur ita ut nullus remaneat dubitationi locus pro iustitia Messanae, [Madrid], excudebat Ludovicus Sanctius, Typographus Regius, 1614; il responsum sarebbe stato riedito a Messina nel 1623, "in seguito al riproporsi del problema"; cfr. Salvatore Buscemi, L'insegnamento del diritto nella antica Università di Messina, in CCCL anniversario [...] I Professori, II, p. 63; Romano, élites culturali, p. 141. Si legge anche in Glorizio, Primum responsum, in Id., Iuris responsa, p. 1-128.
69 Cfr. Romano, élites culturali, p. 141.
70 Glorizio, Pro immunitate urbis Messanae, parte II, p. 49. Il riferimento è al consilium I della raccolta di Consilia del Bolognetto, edita a Venezia nel 1575, dato a difesa delle ragioni di Messina contro il Regio Fisco in una controversia "super revocatione impositionis gabellae". Giovanni Bolognetto, già docente a Bologna, Salerno e Napoli, negli anni tra il 1564 e il 1570-71 nella prima stentata fase di funzionamento del suo Studium, aveva insegnato a Messina, diritto feudale, civile e canonico; cfr. Piero Craveri, Bolognetti, Giovanni, in D.B.I., 11 (1969), p. 326-327.
71 Novarese, Istituzioni politiche, p. 291.
72 Giovan Battista Castelli, Respoonsum [sic] ... pro nobili Urbe Messanae contra Regium Fiscum super impositione vectigalis extractionis serici ex eius portu indicti anno 1612. per ... Ossunae ducem pro sua Catholica Maiestate in hoc Siciliae Regno Proregem dignissimum, s.n.t. [Messina 1612], p. 1v.
73 Cfr. Gallo, Gli annali della città, III, p. 185.
74 Luis de Casanate, De immunitate gabellae pro nobili et fidelissima Urbe Messana contra Regium Fiscum et Siciliae Regnum, s.n.t.; Id., Pro nobili et fidelissima Urbe Messana contra Regium Fiscum et Siciliae Regnum super reductione ad pristinum gabellae contra privilegia urbis impositae per … Ducem Osunae, Siciliae Proregem, et quod interim lite super meritis pendente sit suspendenda iuxta declarationem Curiae straticotialis, s.n.t.
75 Sul Costa si vedano Diritto e cultura, p. 151, e la bibliografia ivi indicata; Novarese, Istituzioni politiche, p. 228, 276-277, 279-280, 295-298.
76 Si tratta del consilium XXIII, dato in occasione di una controversia nata intorno alla giurisdizione "terrae Sambucae", che dibatteva innanzitutto il quesito "An Princeps possit segregare Casale, et Terram a Civitate dominante constituendo alios officiales et ministros in praeiudicium ipsius Civitatis". Rispondendo al secondo quesito, al punto 39 ss., il Costa affermava: "Privilegia ob servitia concessa sunt inrevocabilia, et transeunt in contractum, et successor tenetur observare...", aggiungendo al punto 60 che "Privilegium recipit interpretationem a iure communi, ut minus laedat, dummodo quod aliquid operetur". Cfr. Francesco Antonio Costa, Consiliorum sive responsorum iuris ... volumen primum, quibus novissimae accesserunt annotationes don Placidi Costa i.c. authoris filii regiique fiscalis Regiae Siclae [sic], Messanae, typis Petri Breae ... sumptibus Raynaldi Reinae, 1629, cons. XXIII, p. 177-193.
77 Ferdinando Matute, Pro impositione gabellae extractionis, Palermo, s.t.n., 1612; Giuseppe Di Napoli, Allegationes ... pro impositione vectigalis extractionis serici ex portu civitatis Messanae anno 1612, Panormi, s.t.n., 1613; Pietro Corsetto, Propugnatio vectigalis asportantibus sericum e Messanae portu indicti, Panhormi, typis Angeli Orlandi et Decii Cyrilli, 1613.
78 Benigno, Messina e il duca d'Osuna, p. 201.
79 Glorizio, Pro immunitate urbis Messanae, parte I, puncta 16, 17, 73.
80 De Casanate, De immunitate gabellae, p. 50r; Glorizio, Pro immunitate urbis Messanae, parte I, punctum 103, p. 22.
81 De Casanate, De immunitate gabellae, p. 58v.
82 Glorizio, Pro immunitate urbis Messanae, parte II, punctum 87, p. 63, sviluppato alle p. 67-68, dove spiega: "... inferendo ad rem nostram, in qua tractatur de privilegijs immunitatum, quae sunt in vim contractus onerosi, utique illa irrevocabilia sunt, non solum respectu concedentium [...] sed etiam respectu successoris, qui tenetur observare haec immunitatis privilegia, ut in terminis de privilegio immunitatis loquitur...", e cita al riguardo Baldo.
83 Cfr. Gallo, Gli annali della città, III, p. 223 ss.; Giardina, Capitoli e privilegi, p. 457-458; Benigno, Messina e il duca d'Osuna, p. 202-203.
84 Nel 1637 l'Amarelli era "lector primarius de mane almi Studii", nel 1661 era passato dalla seconda alla prima cattedra di diritto civile e, quale decano tra i lettori primari, aveva avuto il titolo di "comes palatinus et almi Studi messanensis primarius legum interpres". Cfr. Buscemi, L'insegnamento del diritto, p. 69-72; Arenaprimo, I lettori dello Studio, p. 190-194; Novarese, Istituzioni politiche, p. 293-294.
85 Sul Fleres e sul Lucchesi si veda Arenaprimo, I lettori dello Studio, p. 227-228, 237-238.
86 Ottavio Glorizio, Pro nobilissima et fidelissima urbe Messanae in iure responsum, an merum et mixtum imperium casalium Venetici sit urbis et magistratus Messanae, Madrid 1609, che si legge anche in Iuris responsa, resp. III, p. 140-154.
87 Cfr. Costa, Consiliorum, cons. I, p. 8; Placido Samperi, Messana duodecim titulis illustrata, Messina 1742, p. 257.
88 La Napoli, Ministero, p. 62-63, sottolinea al riguardo: "Tutto ciò è particolarmente evidente nel regno di Sicilia dove, se nel 1556 i possessori di feudi erano 72, nel 1621 [...] il numero era salito a 146. Un catalogo posteriore ne denunziava 219 ed in seguito il Mongitore ne avrebbe contati 228".
89 Sulla vicenda cfr. Napoli, Ministero, p. 60 ss., che dedica tutto il III capitolo del suo lavoro sulla Corte straticoziale a tali conflitti di giurisdizione, soffermandosi ad esaminare, senza apprezzabili approfondimenti, "Il ruolo dei giuristi".
90 Francesco Antonio Costa, Allegationes pro Senatu messanensi contra don Federicum Spatafora, Messanæ, apud Petrum Bream, 1608, che si legge anche in Costa, Consiliorum, cons. II, p. 26-41.
91 Il Costa tra l'altro obietta: "...Princeps etiam de plenitude potestatis non potest tollere ius mihi quaesitum absque legitima causa, et causa legitima intelligitur causa publica, non autem privata"; Costa, Consiliorum, cons. II, p. 40.
92 Glorizio, Pro nobilissima et fidelissima.
93 Costa, Consiliorum, cons. III, p. 46.
94 Cfr. Glorizio, Iuris responsa, resp. III, p.140-154; Giurba, Consilia seu decisiones, cons. XXIV, cons. LII; Costa, Consiliorum, cons. I, p. 1-26; cons. II post II, p. 41-52; cons. III, p. 52-57; cons. VI, p. 75-86; cons. XXIII, p. 177-193.
95 Cfr. in proposito Napoli, Ministero, p. 69 ss.
96 Il De Gregorio in un primo momento, ragionando in astratto, rispondeva affermativamente al quesito se il re potesse concedere in feudo "aliquam villam consistentem in territorio alicuius civitatis", per poi sostanzialmente negare questa eventualità ricorrendo in tal caso gli estremi del "preiudicium" in danno dei magistrati della città che vi esercitavano la giurisdizione; cfr. Pietro De Gregorio, De concessione feudi tractatus..., Panormi, apud Io. Antonium de Franciscis, 1598, quaestio VI., p. 20.
97 Napoli, Ministero, p. 75.
98 Cfr. Mario Cutelli, Codicis legum sicularum libri IV., a totidem Siciliae et Aragoniae Regibus latarum, cum glossis sive notis iuridico-politicis, Messanae, typis haeredum Petri Breae, 1636, p. 134-135; Id., Decisiones supremorum huius Regni Siciliae tribunalium iuxta orationes editas..., Messanae, apud haeredes Petri Breae, 1632 (pubblicata più volte, anche "Messanae, typis Io. Francisci Bianco ... sumptibus Ioseph Matarozzi, 1636"), dec. XX, p. 385, dec. XXI, p. 399-400, p. 404. Sulle posizioni antibaronali del Cutelli e sulle sue tesi a difesa della demanialità cfr. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento, p. 294-296; Vittorio Sciuti Russi, Mario Cutelli. Una utopia di governo, Acireale, Bonanno editore, 1994; sulla sua produzione edita in Sicilia cfr. Diritto e cultura, pp. 166-169.
99 Benigno, Messina e il duca d'Osuna, p. 182.
100 Martino, Messana nobilis, p. 126.
101 Benigno, La questione della capitale, p. 57.
102 Al riguardo, per un quadro ampio e puntuale, si veda Lipari, Cultura.
103 Buscemi, L'insegnamento del diritto, p. 64-65, scrive: "Distintosi ben presto per dottrina ed eloquenza, fu dal Senato inviato alla Corte di Spagna, per trattare alcuni affari di grave momento, che interessavano la città; ed egli condusse a termine la pratica con tanto garbo e successo, che si meritò la gratitudine e il plauso de' suoi concittadini".
104 Buscemi, L'insegnamento del diritto, p. 65.
105 L. Porcio Calbeto (Alberto Piccolo), Apologetica expostulatio pro S.P.Q. mamertino, Venetiis [Messanæ], apud Nicolaum Misserinum, 1623; Id., Philacterion adversus Mamertinæ immunitatis calumniatores, Venetiis [Messanæ], ex typographia Nicolai Miserini, 1623. Senza celarsi dietro pseudonimi, il Piccolo pubblicava, in quello stesso anno, un'altra opera che sostanzialmente mutuava dalle altre il fondamento ideologico, funzionale nel provare che il primato della Chiesa siciliana spettava a Messina: Alberto Piccolo, De antiquo iure Ecclesiae Siculae dissertatio, Messanæ, ex officina typographica Petri Breæ, 1623.
106 Cfr. Chinigò, Maestri e studenti, p. 303; Dollo, Modelli scientifici, p. 139.
107 Lipari, Cultura, p. XXXII*. Si veda anche Benigno, La questione della capitale, p. 51.
108 Su questo punto cfr. Martino, Messana nobilis, p. 124 ss.
109 Il Parlamento siciliano del 1630 votava un donativo straordinario di 300.000 scudi che, insieme ad un altro donativo di 200.000 scudi offerto dalla città di Palermo, "che è Capo del Regno", veniva offerto come 'prezzo' di una serie di richieste, prima tra le quali "di serrar la porta dell'udienza alla detta Città di Messina di poter pretendere tal divisione, concedendo in vim privilegij, et contractus ex causa onerosa [...] che nullo unquam tempore, etiam motu proprio, et de absoluta Principis potestate, ne per causa urgentissima, et pubblica, et universal necessità possa trattare di dividere lo governo di questo Regno con due Signori Vicerè, né di qualsivoglia altra persona, populo, et Università di questo Regno, né da particolare, forastiero, o Regnicolo, Ecclesiastico, o secolare". Il testo del Parlamento del 1630, edito in Mongitore Antonino e Francesco Serio, I parlamenti generali del Regno di Sicilia, Palermo 1749, è anche pubblicato in calce a Mazzarese Fardella, Osservazioni, p. 30.
110 Cfr. Lipari, Cultura, p. XXXIII*. Il memoriale di parte palermitana è scritto da Mariano Valguarnera, Memoriale della Deputazione del Regno di Sicilia e della città di Palermo intorno alla divisione di quel regno che tenta la città di Messina, tradotto dalla lingua spagnola in italiano dal dott.d.Francesco Paruta, Palermo 1630; risponde Messina con le Ragioni apologetiche del Senato della nobile città di Messina contra il Memoriale de' Deputati del Regno di Sicilia, e della città di Palermo sopra la divisione del Governo di quel Regno, tradotte dalla lingua spagnuola nell'italiana dal dottor Placido Reina, co' fondamenti legali posti nel fine di ciascun Capo, Messina, nella stamperia dell'Illustrissimo Senato, 1630. L'opera, già edita nel 1630 a Madrid in lingua spagnola (Razones apologeticas del Senato de la noble Ciudad de Mecina), sarà di nuovo stampata a Messina nel 1631 per i tipi di G. F. Bianco.
111 Così si legge nella dedica che il Reina rivolge al Senato.
112 Lipari, Cultura, p. XLIX*.
113 Così il Lipari, Cultura, p. XLVIII*, definisce Placido Reina.
114 Idoplare Copa (Placido Reina), L'Idra dicapitata, o vero la risposta a' cento capi del memoriale stampato sotto nome de' diputati del Regno di Sicilia, e della Città di Palermo, sopra la residenza della Regia Gran Corte nella città di Messina, in Vicenza [Messina], per Antonio Gallucci, 1662, p. 7, 8, 10, 14 ss.
115 Si veda al riguardo Tavilla, Per la storia delle istituzioni, I, p. 78 ss.
116 Ivi, p. 83.
117 Cfr. Piero Pieri, La storia di Messina nello sviluppo della sua vita comunale, Messina, Editrice D'Anna, 1939, p. 242.
118 Il giornale della ribellione di Messina. 1674-1678, ed. anastatica del ms. a cura e con Presentazione di A. Saitta, Milano, Feltrinelli, 1973.
119 L'opera è articolata in tre parti: Giovan Battista Romano Colonna, Prima parte della congiura de i ministri del re di Spagna, contro la fedelissima, ed esemplare Citta di Messina, racconto istorico..., Messina, nella stamperia dell'illustriss. ed eccellentiss. Senato, per Matteo La Rocca, 1676; Id., Parte seconda della congiura de i ministri del re di Spagna, contro la fedelissima, ed esemplare Citta di Messina. Racconto istorico..., in Messina, nella stamperia del Bisagni, 1676; Parte terza della congiura de i ministri del re di Spagna, contro la fedelissima, ed esemplare Citta di Messina, racconto istorico..., in Messina, nella stamp. dell'illustrissimo Senato, per Mattheo La Rocca, 1677. Per una completa descrizione bibliografica dell'opera si veda Catalogo delle edizioni messinesi dei secoli XV-XVIII, a cura di M. T. Rodriquez, Messina, Regione Siciliana, 1997, p. 131.
120 Del manoscritto di Romano Colonna Messina abbandonata l'anno 1678 da francesi sotto la fede infida del Maresciallo Duca della Fogliada, overo L'Aquila sia sperante ravvivata col ultimo esterminio di Sicilia sotto il governo tiranno del Vice Re Conte di Santo Stefano. Puro racconto historico, distrutto nel terremoto di Messina del 1908, si conserva nella Biblioteca Regionale di Messina una copia, non completa, realizzata dall'Arenaprimo.
121 Cfr. Luis Antonio Ribot García, La Historia "Della Congiura dei Ministri del Re di Spagna...", instrumento de combate y justificación de la Revuelta de Mesina, in Studi dedicati a Carmelo Trasselli, a cura di G. Motta, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 1983, p. 551-576. Anche Antonio Saitta, Presentazione a Il giornale della ribellione, p. 8, la ritiene "d'un valore inestimabile per i documenti ufficiali che la corredano e sull'autenticità dei quali non corre dubbio di sorta".
122 Romano, élites culturali, p. 144.
123 Novarese, Istituzioni politiche, p. 291.

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