Certo non è la solita cartolina illustrata di Racalmuto. Ci
mancherebbe altro. L’oleografia non mi piace. Dovrebbe essere fin troppo
chiaro. Questa è una foto molto amatoriale scattata dal punto
(per me) più bello del mondo, dalla terrazza della mia casetta a Bovo
(Racalmuto). Di fronte gli Avellone (o
come si chiamano) in un tempo in cui bene o male ancora verzecava il vignetto.
Questi signori, proprietari per diritto ereditario di ampie zolle della vecchia ubertosa Racalmuto,
avevano tanta spocchia panormitana da disprezzarci con frasi del tipo: debbo pure curarmi di ‘sto
fazzoletto di terra.
Accanto il fuoco. Racalmuto d’estate - si sa – brucia. Noi non crediamo alle
ricorrenti dicerie (malamente interessate) che parlano di dolo, di incendi
dolosi. No, signori miei: abbandono e solleone ci inceneriscono nel tempo della
calura agostina.
Questi baldi giovanotti che si lamentano che a Racalmuto non
c’è lavoro, hanno forti braccia (menti? no so); vadano a lavorare la terra e
niente più brucerà. E la economia saprà persino risollevarsi. Vi sono tante
provvidenze! ma mi raccomando non come quando stavo all’AIMA (Via Palestro, 60 –
Roma). Che indecenza! E tanti sperperatori di cospicui fondi comunitari oggi osano
anche fare i moralisti. Ancora una volta, la mia incantevole frase: Sutor, ne
ultra crepidam!
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