Oggi FB mi sta assordando: dovrei lagrimare perhé anch’io mi debba prostrare e piangere nella
ricorrenza dell’uccisione di un mito. Se oggi Garibaldi lo si sta mettendo in
naftalina e qualche bisbiglio irriverente è pur concesso, di fronte a Falcone
tutti proni, riverenti commossi
indignati. Persino il mio amico ex sindaco sale sul pulpito a dannare a
rammentare a volere il giorno della memoria per questo olocausto (per la scorta
io davvero piango) unipersonale.
Torno a ripeterlo: nessun grande uomo è grande per la sua
cameriera. Ed io cameriera dei grandi lo sono stato e per un paio di decenni.
Non mi parlate di miti: vomito.
Nella mia bizzarra scorribanda professionale – di questi
tempi mi sono messo in testa che vada indagata la psiche delle
ultracinquantenni e tra poco mi troverò scorticato da furenti virago per
violazione del rispetto delle donne ultracinquantenni – nel mio assurdo indagare professionale,
dicevo, un bel giorno prendo uno di quei sopravvissuti strani aerei ad elica
per Birgi e posso entrare nel voluttuosissimo bunker all’aperto che era la dissennata
villa del banchiere Ruggiriello in quel di Trapani. Dovevamo vedere se potevo
dare qualche apporto professionale nella difesa contro la mia rinnegata Banca d’Italia.
Mai mangiato pesce come allora. Si parla ovviamente di tutto. Della situazione
economica. Di politica. Di quell’abnorme
aggregato bancario che era allora il trapanese. Non si parla ovviamente di mafia,
non so perché forse perché non si può parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma ciò
non impedisce ad un banchiere - e banchiere d’assalto - di sapere tutto di tutti in
quella che in gergo si chiamava zona di influenza. Beh! Per farla breve me ne
disse di un certo giudice in accoppiata con una certa giudice rossa (di
capelli, s’intende). Non dovevo credergli? Certe ville simbolicamente aggredite
in zone interdette, certe amicizie con
un altro giudice giocatore che staccava sconfinati assegni a vuoto per cui il
consuocero finì con il fare sconfinare il conto finendo la sua carriera, mi sconfortavano nel diniego dell'assenso. E poi
soprattutto mi ha fatto svicolare quello che sardonicamente quel giudice svela alla Padovanì quanto
ad un certo Leonardo Sciascia. Costui vidi poi sbarellare tanto paurosamente da
diradare le sue difese immunitarie finendo anzitempo la sua vita in quel di
Milano per il solito male incurabile. E poi … poi certo non è paradigmantico quell’associarsi ad un
certo Martelli che mi lascia tuttora perplesso, e non certo per l’innocente spinello
africano.
Sarà per questo sarà per il mio maledetto volere essere
sempre contro, sarà per il mio non voler giammai ammettere che possano esistere
eroi coscienti tanto eroici da costringerci a farne un mito, il fatto sta
che oggi non mi sento di commemorare un mito. De mortuis nihil nisi bonum e a parole
mi associo a questo parlar bene dei morti, ma nell’intimo permettetemi di
pensarne NON BENE.
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