Storia di un prete imprenditore nella
Racalmuto dell’Ottocento
Il padre Antonino Burruano non fu certo un prete esemplare
della Racalmuto ottocentesca: tutto preso da enfiteusi, miniere di zolfo,
francesi ed inglesi, re borbonici, calcheroni, sconfinamenti nel sottosuolo del
Dammuso, mulini d’Ercaro e di San Mattè, ed anche amanti prolifiche, fratelli
maldestri, padre gravato da figlioli non eccelsi e tante figlie femmine da
maritare ed altre beghe, cause, rapporti di mal vicinato ed altro ancora (prima
di una peste esiziale contratta a Palermo), aveva ben poco da dedicare agli
uffici divini (meno le messe per i morti dei legati a suo beneficio ed anche a
suo carico) ed ai doveri
verso il suo abito talare, che spesso non portò o portò trasandatamente.
Il mio carissimo amico Giuggiu Di Falco (clericale
intelligente ma intransigente) ebbe a passarmi un documento fotocopiato dagli
archivi dell‘ufficio del Registro, che dirigeva, ed ebbe a passarmelo più a
discarico della sua invero adamantina coscienza che per scambio della nostra culturale
ricerca sulla storia di Racalmuto.
Ed io protervo – cattolico non credente – mi premuro qui di
pubblicarlo, impavido dinnanzi a rischi di scomuniche ecclesiali.
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