sabato 22 giugno 2013

Quando i sicofanti della locale storia racalmutese plagiano

Quando leggo passi di miei scritti fatti propri da altri che poi si limitano a dire che li hanno desunti da lavori storici di padre Puma illuminato dalle ricerche del Nalbone, non ci vedo più dagli occhi. Certo tra me e padre Puma vi fu ina collaborazione storica molto intensa e molto antica. Trascrivo qui una parte di uno scambio di lettere. Diciamo che molto abbiamo fatto per la storia religiosa di Racalmuto. Ad altri non sono disposto di concedere neppure l'apporto del sicofante.

Roma 20 novembre 1995

Carissimo arciprete Puma,

in questi giorni ho ritirato dal Vaticano la copia di un documento su Racalmuto. Ho tentato di farne una trascrizione (molto ardua e non sempre convincente per le peculiarità paleografiche). Mi sono pure cimentato in una traduzione di quel contorto latino curiale, improntata necessariamente a criteri di ampia libertà. Tutto sommato mi pare che un altro interessante tassello si aggiunge alla storia (ecclesiastica e non) del Cinquecento racalmutese. Atri dati si trovano nel fondo Palagonia dell’Archivio di Stato di Palermo. Si va così abbozzando il profilo di Racalmuto del XVI secolo, prima baronale e poi comitale, con i Carretto prima abbarbicati all’antico castello e poi propensi a godersi la vita in quel di Palermo sfruttando le risorse racalmutesi (anche se infaustamente, viste le fatali vicende che li sconvolsero).
Il documento pontificio è una bolla che trovasi nei “Registri Vaticani: Bullae n.° 1911” - ff. 211-212v. - e credo di farle cosa gradita inviandogliene una focopia, con annessa trascrizione e traduzione. Le mie rielaborazioni palesano, invero, molti difetti e non sono suscettibili di pubblicazione. Ma per i nostri rapporti, credo che debba superare i miei ritegni, apparendomi persino doveroso metterle a disposizione le mie ingrate fatiche che pur riguardano la storia della Matrice di Racalmuto.

Il quadro che emerge - se debbo essere sincero - non pare tanto onorevole per la storia della chiesa, anche se la storpiatura della nostra attuale visione appanna una obiettiva valutazione.

E’ strano che sia occorsa addirittura una lunga bolla di papa Pio IV per assegnare il rettorato dell’arcipretura di S. Antonio di Racalmuto al sac. d. Giurlando d’Averna. Non mi edifica molto quell’intrigo tra il Sallustio, il chierico Cesare ed il suo procuratore, il chierico Natale Remondino (forse neppure siciliani, certamente non racalmutesi), un intrigo che ha un vago sapore di simonia . Tutto sommato, impallidisce la figura dell’investito Giurlando d’Averna che pure viene designato come uno che può vantare «vitae ac morum honestas aliaque laudabilia probitas et virtuum merita, super quibus apud nos fide degno commenda[tur] testimonio». E su tale aspetto si ritorna dopo, quando il papa dichiara: «Nos tibi premissorum meritorum tuorum intuitu specialem gratiam facere vol[umus]». Sono - mi pare - stonature nel contesto della Bolla e mi richiamano le battute che nell’ottocento l’avvocato dell’arciprete Tirone si permette di declamare nell’attacco contro i Savatteri nella contraversia sul beneficio del Crocifisso. «Chiunque - scrive a pag. 10 l’avv. Giuseppe de Luca, se non ispirato, di certo non contraddetto dal colto arciprete Tirone - ha familiarità dello stile delle Cancellerie della Curia Romana ben conosce il modo rituale come si ottengono le grazie. Per le dispense, che la detta Curia deve impartire, bisogna accennare ad un motivo che coonesta la grazia che si chiede. In mancanza di legitima causa si specola una ragione qualunque che avesse onesta apparenza, che vera o falsa si fosse rientra nel demanio dellla coscienza del petente.»

Con un moto di piccola vanagloria mi vanto di avere rintracciato quella Bolla pontificia dopo una di

fficoltosa consultazione degli schedari Carampi dell’Archivio Segreto Vaticano: non era facile rinvenire quella bolla che per la sua periferica rilevanza non mi risulta pubblicata da alcuno.
Il Giurlando d’Averna - figura che mi interessa personalmente, visto che quel cognome si è poi mutato a Racalmuto in Taverna - appare reiteramente nei primi registri parrocchiali di battesimo della Matrice di Racalmuto.

Il documento pontificio non collima perfettamente con le annotazioni del “Liber in quo adnotata reperiuntur nomina plurimorum Sacerdotum ..” del 26 marzo 1638, in atti della Matrice.
Al n.° 3 abbiamo: «D. Gerlando D’Averna - Arciprete anno 1554». Credo che gli estremi siano stati presi dai primi fogli degli atti di battesimo che in effetti recano - ma con scrittura postuma - quell’anno. Ma è datazione inattendibile, specie se consideriamo i tempi d’attuazione delle disposizioni del Concilio di Trento in ordine appunto alle registrazioni dei battesimi. Dobbiamo far dunque differire al 1564 quei documenti della Matrice. In tal caso, non vi è contraddizione tra la Bolla pontificia ed il dato del “Liber”.

Il D’Averna fu arciprete - o rettore - di Racalmuto sino alla metà degli anni ‘70: a partire dal 1579 è arciprete di Racalmuto don Michele Romano. Trovo nelle mie registrazioni degli atti della Matrice un dato che riguarda il D’Averna sotto questa data:
164 21 5 1576 Gerlando di Averna

Non so, però, se si riferisce al rettore della Bolla.
Quanto al Romano, rinvengo nelle mie trascrizioni:
• «Annotato in foglio v.: S.T.D.Dn. Michaele ROMANO Arcip. 1579».

• «Viene annotato: DIE 28 Julii X Ind. 1597. Incomensa lo conto delli inguaggiati dopo la morte del arciprete don Michele Romano. 'f.to illeggibile' (n.d.r.)».

Nel “Liber”, invece, figura al n.° 4:

«D. Michele Romano - Arciprete anno 1578».

Sintetizzando, si può sostenere che d. Giurlando D’Averna - proveniente forse da Agrigento - fu rettore dell’arcipretato di S. Antonio di Racalmuto dal 13 di novembre del 1561 sino al 1576 (probabile anno della sua morte). Gli succede nel 1578 d. Michele Romano che figura titolare effettivo dell’Arcipretura di Racalmuto sino al giorno 28 luglio 1587, data della sua morte.

E’ singolare che nella doviziosa documentazione su d. Gerlando d’Averna che si rinviene nei registri parrocchiali di battesimo del 1571, egli non sia mai indicato con il titolo di Arciprete.

Rimase allora semplice rettore di Racalmuto? E tale rimase per aggirare quella esosa pensione al Sallustio che il Vaticano voleva imporre sulla parrocchia racalmutese ad onta di ogni consuetudine e diritto della Legazia Apostolica siciliana? E saremmo tentati di rispondere affermativamente.

Negli anni 60-70 del XVI secolo ferveva a Racalmuto la controversia sul mero e misto impero del barone e sugli oneri del Terraggio e del Terraggiolo. I documenti del fondo Palagonia ci ragguagliano a tal proposito. Stralciamo da un diploma del 1580 del predetto fondo:

Die decimo quinto Januarij nonae ind. 1580. Cum infra universitatem terrae Racalmuti et spectabiles et illustres dominos Barones terrae eiusdem, et antecessores illustrissimi domini D. Hieronymi de Carrettis comitis terrae predictae ac etiam per ipsum illustrem dominum comitem iam sunt anni fuissent incoata, et verteret quaedam lis sive quaestio in Magna Regia Curia super diversis pretensionibus et disgraviis et particolariter adductis in libello et processu compilato inter dictam universitatem et eius sindacos et dictum spectabilem et illustrem Baronem [a. v. barones] ac dictum dominum comitem a quibus pretensionibus dicti sindaci universitatis n.e [a.v.: nomine] pretendebant esse exempti et liberi certorum jurium [a v., adde: et soluptionum] pro ut latius in libello et processu est videre et maxime certorum terragiorum vocatorum de fora in dicto processu contentorum adversus quas pretensiones exemptiones et disgravia dicti spectabiles et illustres Barones et antecessores dicti illus.mi Domini Comitis et per consequens dictus ill.us dominus comes fecerent eorum exceptiones defentiones et eorum jura exposuerunt quam [a.v.: quod] de dictis pretensionibus et disgraviis quod dicti sindaci asserebant esse exempti et liberi, et dicti spectabiles illustres domini barones, ac etiam dictus illus.mus dominus comes manebat jure juxto titulo, et bona fide in vim primi contractus et sententiae compromissoriae et omni alio meliori modo et forma quibus de jure permittitur, et antico tempore quam [a.v.: quod] ab initio memoria in contrario non extat et omnibus alijs rationibus, juribus et causis in dicto processu adiectis [a.v.: adductis] et declaratis ad quae in omnibus et per omnia plena habeatur relatio, et post copisissimas expensas factas in dicta M.R.C. vertente dicto litigio jam sunt plures anni et adhuc sub judice lis est non potuerunt devenire ad sententiam diffinitivam tamen fuerit [a.v.: fuerunt] per universitatem predictam congregato consilio et electi deputati magnificus notarius Joannes Vitus Amella, nobiles Bartolus Curto, Petrus Bomberi [a.v.: Barberi] Nicolaus Capoblanco, Angelus de Giannuzio [a.v.: de Jannuzo], Antonuntius [ a. v.: Antonutius] Morreale, Nicolaus Macaluso, Petrus Macaluso, Antoninus Lo Brutto, Vitus Bucculeri, Petrus de Alaymo, Antoninus Gulpi in loco quondam Jacobi Morreale, circa dictam litem vertentem inter dictam universitatem, et dictum illustrem dominum comitem in dicta M.R.C.. Qui dicti deputati electi per dictum consilium nomine dictae universitatis recursum habuerunt ad dictum illustrem dominum comitem, et cum rogaverunt quatenus vellet et dignaretur dictae universitati aliquas gratias concedere ac relaxationes facere et se benigne gerere cum dicta universitate, et suis vassallis, ut decet et finem imponere tot expensas [a.v.: expensis] et curiarum sumptibus et laboribus ipsorum vassallorum ac etiam ipsius illus.mi domini comitis, agnoscentes lites esse immortales et incertas, qua supplicatione habita per dictum illustrem dominum comitem fuit responsus quod semper habebat voluntatem promptam concedendi gratias in beneficio dictae universitatis cum aliquo suo interesse, et sic habita voluntate et responso dicti illustr.mi domini comitis, habuerunt recursum ad Eccellentiam illustrissimi domini Proregis et supplicaverunt ipsi deputati universitatis nomine [a. v.: in dicto] tractabant quoddam accordium inter dictum illustrissimum dominum comitem et ipsos deputatos electos circa pretensiones disgravia et terragia predicta et circa dictum accordium, facta erant quaedam capitula, quae erant publicanda [a.v.: publica] per notarium publicum pro communi cautela utriusque partis, et stante quod erant necessaria dicta capitula publicari congregato consilio cum interventu partis universitatis quod utique prefata eccellentia sua dignaretur providere aliquo doctore delegato pro evitandis expensis et communibus sumptibus, et congregare facere dictum consilium, et si maior pars consentiret dicto accordio legerent [a. v.: legentur] dicta capitula, quibus lectis se contentando maior pars publicentur et prefata Eccellentia Sua mandavit quod fiant literae delegatoriae in personam magnifici domini sindacatoris civitatis Agrigenti quorum tenor talis est ut infra sequitur, videlicet:
Philippus etc. Vicerex in hoc Siciliae regno Magnifico Eustachio Protopapa U.J.D. sindacatori degenti in civitate Agrigenti fideli reg: salutem: Imperoche ad istanza di Bartolo Curto et altri infrascritti personi della terra di Racalmuto è stato supplicato, e per noi provisto del tenor che siegue videlicet:

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